Tra gli abitanti di Pola, specie Italiani, che dopo la fine della Seconda guerra mondiale abbandonarono la loro città, un caso particolare sono quelli che hanno trovato la loro nuova dimora in Sardegna, precisamente a Fertilia.
Un po’ come Arsia in Istria, Fertilia è una cittadina di fondazione recente che nasce ufficialmente l’8 marzo 1936 con la posa della prima pietra della chiesa parrocchiale, ad opera dell’Ente Ferrarese di Colonizzazione per dare una risposta alla popolazione in eccesso della Provincia di Ferrara. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale fermò sia l’edificazione, sia la colonizzazione, tanto che il borgo rimase in stato di abbandono per sette anni.
Furono proprio gli Istriani, con il loro lavoro, a dare un importante contributo alla nascita vera e propria del borgo. E dire che l’inizio era stato scoraggiante; una volta approdati in Sardegna, gli Istriani mandarono in avanscoperta il sacerdote don Francesco Dapiran, figura centrale per gli esuli di Fertilia (decisero di dedicare la nuova chiesa a San Marco) che dopo aver visto il sito in abbandono tornò a riva e disse “Fioi, stanote se dormi in barca”. Sull’approdo degli Istriani in Sardegna nel 1949 l’Istituto Luce realizzò il reportage “Fertilia dei Giuliani”.
Un primo nucleo di 53 famiglie di esuli dall’Istria vi giunse partendo da Chioggia, altri salparono da Venezia. Tra quest’ultimi anche la famiglia di Giulio Marongiu nato a Pola 85 anni fa, città che ha lasciato all’età di 8 anni, per non farvi ritorno fino a sabato scorso, 77 anni dopo.
Lo ha fatto navigando per mare, approdando al molo Fiume alle 11 di mattina a bordo della barca “Klizia”, all’interno del progetto “Ritorno alla Terra dei Padri”, pensato dall’Ecomuseo “Egea” di Fertilia e sostenuto dalla Camera e dal Senato della Repubblica Italiana, dalla Regione Sardegna, dalla Regione Lazio, dal Consiglio regionale del FVG, vari Comuni, dal Corpo delle Capitanerie di Porto italiane, dalla Rai, dall’ Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (A.N.V.G.D), dal Centro di Documentazione Multimediale della Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata e da tanti altri enti ed istituzioni pubbliche e private.
Per quel che riguarda le tappe istriane, il progetto ha avuto il sostegno dall’Unione Italiana, l’organizzazione unitaria degli Italiani di Croazia e Slovenia.
Percorrendo simbolicamente, ma nel verso opposto, il viaggio compiuto dagli esuli nel 1948, il Klizia, piccola imbarcazione di 10 metri, è partito da Alghero, in Sardegna, lo scorso 30 luglio, per approdare a Pola dopo 140 ore di navigazione, 800 miglia percorse, 4 nazioni attraversate, 10 regioni e 26 città visitate. Nelle intenzioni degli organizzatori, questo viaggio vuole trasmettere un messaggio di riconciliazione, di superamento dei rancori, di pace, di collaborazione e arricchimento reciproco, superando i drammi e le tensioni del passato.
Quello del “Klizia” è stato un viaggio che nasce da un dramma ma che vuole essere un pegno per un futuro di comprensione e condivisione
Giulio Marongiu, accompagnato dal direttore dell’Ecomuseo Egea Mauro Manca, dal figlio Federico (nato in Sardegna ma che, come suo padre, parla il dialetto istroveneto di Pola) e Giuseppe Bellu, prima di fare approdo nella sua città natale ha fatto tappa nell’Istria slovena, precisamente a Capodistria e Pirano dove ad accoglierlo, tra gli altri, è stato il presidente dell’Unione Italiana Maurizio Tremul che ha detto: “Bisogna far calare il rapporto di riconciliazione verso la società civile, altrimenti non entra nelle scuole, nella quotidianità e rimarrà soltanto ai livelli alti. Il vostro gesto va in questa direzione che dalla riscoperta delle radici familiari favorisce e promuove dialogo tra le persone”.
In Croazia, l’equipaggio del “Klizia” è approdato a Rovigno dove lo hanno accolto il sindaco Marko Paliaga e il suo vice David Modrušan, il console generale d’Italia a Fiume, Davide Bradanini, i rappresentanti dell’Unione Italiana, dell’ANVGD, dell’Ecomuseo Batana, della locale Comunità degli Italiani “Pino Budicin” e del Centro di Ricerche Storiche.
Nutrita anche la presenza di rappresentanti istituzionali che oggi a Pola hanno voluto dire a Marongiu “bentornato a casa”: il vicepresidente del Sabor croato e deputato della comunità nazionale italiana Furio Radin, il vicensindaco di Pola Bruno Cergnul, il presidente dell’Assemblea dell’Unione Italiana Paolo Demarin, la presidente della Comunità degli Italiani di Pola Tamara Brussich, il presidente del Consiglio della minoranza italiana della Regione istriana Ennio Forlani, Donatella Schürzel dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) i presidi delle scuole italiane di Pola, rispettivamente Debora Radolovi? della media superiore “Dante Alighieri” e Luka Brussich dell’elementare “Giuseppina Martinuzzi”. Gli alunni di questa scuola, oggi in riva, hanno dato il benvenuto all’equipaggio giunto da Fertilia intonando canzoni in italiano e croato.
“Per me è stato un viaggio di emozioni forti”, ci ha dichiarato Giulio Marongiu, “fortunatamente i miei compagni di equipaggio, anche cantando, hanno reso l’atmosfera più leggera. In tutti i porti in cui siamo approdati ci hanno accettato benissimo, come fossimo uno di loro. Ora eccomi di nuovo a Pola dopo 77 anni. Abitavo a Castagner, mi ricordo che con la gamella in mano portavo da mangiare a mio padre che lavorava allo squero dei sommergibili, dopo il cementificio. Poi la famiglia ha deciso di andarsene, ci siamo imbarcati sul “Toscana” alla volta di Venezia. Fortunatamente nei primi due anni dell’esodo era consentito di portare con se anche i mobili, cosa che abbiamo fatto. Poi, a Fertilia abbiamo trovato una comunità aperta a tutti.” Da notare, in questo conteso, che Fertilia si trova in provincia di Alghero in cui vive una forte e vivace comunità catalana, per cui il luogo è da sempre aperto all’inclusione.
Per una certa forma di rispetto, non abbiamo voluto chiedere a Giulio come mai non sia venuto a Pola molto prima, considerato che i confini erano aperti. Ce lo ha spiegato il figlio Federico Marongiu: “ A volte il dolore provoca reazioni che non sono facili né da spiegare, né da capire. Mio padre mi ha insegnato il dialetto di Pola, ma non mi ha mai parlato di ciò che è accaduto, mi ha protetto, ci ha trasferito soltanto i valori positivi e noi a Fertilia abbiamo vissuto una vita felice. Sarà per il nome Fertilia che richiama alla fertilità, capace di far rifiorire qualcosa magari di estirpato, cosicché delle grosse difficoltà di ambientamento non ci sono state, anche perché quando gli esuli istriani arrivarono in Sardegna la povertà li accomunava con i residenti e tutti si sono messi al lavoro. I Sardi, che noi amiamo e di cui ora ci sentiamo parte integrante, sono gente dal cuore enorme”.
„Abbiamo finito il nostro viaggio e dunque abbiamo una grande serenità”, ha proseguito Federico Marongiu precisando che “per me questa non è la prima volta che vengo Pola, c’ero già stato in un viaggio alla ricerca di me stesso, delle mie radici, mio padre è nato qui. Questa è la prima volta che giungo via mare. Questo viaggio celebra il ritorno di mio padre, interpreta il viaggio degli Istriani in Sardegna, in questo luogo fantastico dove gli esuli trovarono già Ferraresi e Veneti venuti per le bonifiche, un luogo che aveva già uno spirito d’inclusione e di accoglienza”.
“Noi ci siamo messi in viaggio con la voglia di portare un messaggio di pace, di superamento dei confini ed ecco perché veniamo dal mare, il mare unisce. Citando un mio amico di Sissano mi piace dire che dobbiamo mettere insieme il coraggio di chi è rimasto con il coraggio di chi è andato via. Non abbiamo nessuna voglia di raccontare eventi storici, politici, ma semplicemente quello che abbiamo imparato dai nostri vecchi: rimboccarsi le maniche e attraverso il lavoro e l’impegno costruirsi una nuova vita”, ha concluso Federico.
Quello del “Klizia” è stato un viaggio che nasceva da un dramma del passato ma che vuole essere un pegno per un futuro di comprensione e condivisione. A questo proposito Mauro Manca, direttore dell’ecomuseo “Egea” di Fertilia che ha pensato questo progetto, ha detto che “noi vogliamo trasformare la cenere in concime dal quale far fiorire un futuro migliore, perché dalle macerie di una guerra e dalla sofferenza di un esodo sono scaturite nuove vite, gli esuli sono stati capaci di ricostruirsi una nuova vita ripartendo da zero regalandoci un’infanzia felice e serena. Siamo nati da persone forti. Giulio Marongiu nel corso di questo viaggio, con la sua semplicità e immediatezza, ci ha insegnato che in ogni situazione si possono affrontare anche i lati più oscuri di se stessi.”
“Noi viviamo in un’Europa i cui confini fortunatamente stanno cadendo”, ha proseguito Manca allargando il discorso, “ma l’omologazione non è un bel futuro. Noi dobbiamo mantenere le nostre diversità facendo in modo che unite arricchiscano la nostra cultura e il nostro DNA da lasciare a chi verrà dopo di noi. Dobbiamo far capire soprattutto ai giovani che è importante mantenere l’identità ma con una logica diversa, cioè non in contrapposizione ma in sintonia con altre identità in un reciproco arricchimento.
Per il vicesindaco di Pola Bruno Cergnul “questo è un viaggio che parte da una tragedia ma che ci porta una speranza per un futuro di amicizia, senza rancori ed è questo un messaggio importante.” Su di una simile falsariga anche il presidente del Consiglio della minoranza italiana della Regione istriana Ennio Forlani:” È una bella iniziativa di riallacciamento di una strappo doloroso avvenuto dopo la Seconda guerra mondiale. Credo che la nuove generazioni debbano avere l’obbligo di ricucire questo strappo e dunque progetti come queste fanno bene a tutti noi”.
“La Comunità degli Italiani di Pola è ben felice di aver accolto qui al molo Fiume la barca “Klizia” che è stata preceduta da una mamma delfino con il suo piccolo, dunque un buon segno”, ha dichiarato la presidente della CI di Pola Tamara Brussich. “La vita per se stessa è già un viaggio, oggi siamo davanti a un viaggio di un Polesano che ritorna a Pola e trova una Pola con una Comunità degli Italiani che lo accoglie a braccia aperte”, ha concluso.
“Questo è un incontro tra “noi” e “noi”. È questo il primo commento del vicepresidente del Parlamento croato e deputato degli Italiani di Croazia Furio Radin, “perché chi è arrivato oggi a Pola è una parte di noi. Giulio è andato via da Pola lo stesso anno in cui sono nato io. Dopo Schengen, da cui è scaturita una maggiore prossimità tra Croazia, Italia e Slovenia, questo viaggio assume il carattere di una viaggio simbolico che ci unisce con la nostra comunità esodata.”
L’iniziativa ha visto il pieno coinvolgimento dell’Unione Italiana. “Due anni fa l’ecomuseo Egea ha avuto dei contatti con la Comunità degli Italiani di Sissano”, ci ha spiegato il vicepresidente dell’Assemblea UI Paolo Demarin “e da lì è nata una collaborazione, abbiamo firmato un contratto di partenariato e collaborazione progettuale. L’anno scorso a novembre, con alcuni rappresentanti delle CI di Rovigno e Gallesano, abbiamo visitato Fertilia per far conoscere la nostra realtà ma anche per intervistare alcuni Rovignesi ultranovantenni di Fertilia che parlavano ancora l’istrioto. In questi due anni ci siamo mossi molto con la realtà di Fertilia. Quando ci è stato presentato il progetto “Ritorno alla Terra dei Padri” ho voluto coinvolgere l’Unione Italiana che ha approvato un partenariato per il progetto e di conseguenza in queste giornate abbiamo accompagnato l’equipaggio del “Klizia” nelle tappe istriane di Capodistria, Pirano, Rovigno e Pola dal punto di vista logistico e finanziario. Ora stiamo pensando anche a progetti di più ampio respiro tra l’Unione Italiana e il mondo degli esuli che avranno sempre come base la memoria ma in modo innovativo con il coinvolgimento dei giovani”.Giulio Marongiu con Paolo Demarin
Con il suo carico di emozioni, uniche e preziose, Giulio Marongiu è stato successivamente accolto presso la sede della Comunità degli Italiani di Pola dove il coro misto della SAC Lino Mariani, diretto dal maestro Ronald Braus, ha intonato prima l’Inno all’Istria, eseguendo poi un pot-pourri di canzoni polesane e il Va Pensiero di Verdi. I vari intervenuti hanno segnalato la comune appartenenza degli esuli e dei rimasti, la necessità di salvaguardare le specificità identitarie dai rischi dell’omologazione imperante e la volontà di guardare avanti superando i drammi della storia.
In chiusura abbiamo fatto notare a Federico Marongiu che comunque portava un cognome sardo. “Mio nonno Gavino era un finanziere sardo”, ci ha spiegato, “lavorava qui a Pola dove ha conosciuto mia nonna che era di Pedena e quindi io credo di poter raccontare davvero il senso di questa integrazione. Devo dire inoltre che per me il progetto “Ritorno alla Terra dei Padri” vuol dire anche tornare alla terra di mio padre, c’è anche questo aspetto personale e umano. Anche per questa ragione ringrazio l’ecomuseo “Egea”, un piccolo ma emotivamente meraviglioso museo che esiste a Fertilia da tre anni e porta il nome di Egea Haffner, la bambina con la valigia ritratta in una delle più note fotografie dell’esodo. È possibile visitarlo anche online.
Da rilevare che nel corso del suo viaggio l’equipaggio del Klizia è accompagnato da una troupe televisiva che su quest’avventura sta realizzando un servizio televisivo che andrà in onda sui canali RAI nel febbraio prossimo e un film documentario che, stando alle anticipazioni, verrà presentato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia.
Dopo Pola il “Klizia” è salpato alla volta di Trieste, ospite della “Barcolana” dove isserà anche le bandiere dell’Istria, di Pola e di Rovigno che a nome dell’UI sono state consegnate da Paolo Demarin.