Scritto da Piero Craveri, «Il sole 24 Ore», 19/02/12
domenica 19 febbraio 2012
La guerra rivoluzionaria. 1941-1945. Ricordi e riflessioni è un libro denso, aggrovigliato, come può esserlo un diario partigiano che spazia su tutti i territori dell’ex Jugoslavia tra il 1941 e il 1945, e tuttavia oltremodo appassionante e insieme meditato, perché fu pubblicato solo nel 1975 e Milovan Gilas tornò sui suoi taccuini di guerra con il bagaglio di pensieri maturati dopo la rottura col regime comunista, in prigione e da esule in patria. Gilas ha scritto negli anni riflessioni profonde e anticipatrici sulla natura del comunismo, in numerosi libri che sono ben conosciuti. Nell’incontro che ebbe nel 1991 con Sergio Romano, che ne ha fatto una penetrante prefazione, teneva a che questo diario venisse pubblicato in Italia. Anche perché l’Italia, con la Germania nazista, era stata una delle due potenze occupanti contro cui quella guerra partigiana è stata combattuta. Guerra di liberazione e insieme guerra civile, potremmo dire, guerra totale.
Cogliamo qui il carattere irresistibile che in questa vicenda ebbe il comunismo, col suo tratto nazionale ed egualitario, che rompeva tutti gli schemi pregressi della antica società multietnica e costituiva il mastice unitario della guerra di liberazione. Una palla infuocata che percorreva i crinali delle montagne e si rovesciava nelle valli, raccogliendo consenso crescente, in un’aspra e cruentissima lotta, contro i cetnici e gli ustascia, i nemici interni, che infine doveva travolgere l’Istria, lasciandoci solo il territorio di Trieste con la sua area portuale, solo perché gli alleati non vollero cederla al blocco sovietico.
Perché quello che si sapeva, ma questo diario ce lo conferma con particolare vivezza, è che la forza espansiva dei partigiani di Tito costrinse gli angloamericani, ma per altri versi anche i sovietici, a prendere atto di questa realtà anche se contrastava con i loro obbiettivi originari. Gli inglesi puntarono sui cetnici e per una restaurazione della monarchia iugoslava. Poiché erano realisti si appoggiarono poi a Tito contro i tedeschi. I sovietici si trovarono di fronte a un gruppo dirigente comunista che non avevano potuto manipolare tra le due guerre, come negli altri paesi dell’Est, e non nascondeva i suoi interessi nazionali.
Gilas ci da in queste pagine un breve e penetrante ritratto di Togliatti che incontrò più volte nel 1945, soprattutto per Trieste. L’ex vicesegretario del Commintern, machiavellicamente esperto dei segreti della Mosca, gli parve che considerasse il problema nazionale come il prioritario punto di riferimento, ma era troppo debole verso la dirigenza staliniana per poterlo difendere fino in fondo. Non così i comunisti iugoslavi e la rottura Stalin-Tito, per quanto allora neppure immaginata, è già iscritta nella loro guerra nazionale, come mostra questo diario. Di quella stagione non è rimasto né il comunismo, né la nazione plurietnica. Di ciò, quando scrisse queste pagine, Gilas non poteva essere consapevole, ma molti sono già gli interrogativi su quella tragica vicenda ch’era stata il cuore della sua vita.
Milovan Gilas, La guerra rivoluzionaria. 1941-1945. Ricordi e riflessioni, prefazione di Sergio Romano, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, pagg. 536, € 35,00.