Scritto da Patrizia Venucci Merdžo
È uscito dalle stampe dell’EDIT per “Altre lettere italiane” – la collana che raccoglie il meglio della produzione letteraria degli italiani che fanno parte della Comunità Nazionale Italiana dell’Istria e Quarnero –, Panorama ristretto – Racconti d’istriano amore, dell’autrice polese Ester Sardoz Barlessi, una delle voci letterarie più sentite del filone memorialistico, ossia della complessa e irrisolta condizione esistenziale e identitaria dei “rimasti”. L’opera di valorizzazione della prosa di questa scrittrice, iniziata con la pubblicazione del romanzo Una famiglia istriana, continua con Panorama ristretto e si compierà prossimamente con una serie di racconti “al femminile” che traggono linfa dalle vicende della “guerra patriottica” degli anni Novanta del secolo scorso. Il libro contiene un serto di undici racconti – sei dei quali precedentemente pubblicati su riviste – che scandagliano e indagano la mai rimarginata frattura tra passato e presente accaduta a metà Novecento, sul territorio dell’Istria e del Quarnero, sul piano storico, politico, sociale, i cui riflessi tutt’ora permangono in modo traumatico nell’intimo delle tante persone coinvolte, condizionandone l’esistenza interiore quotidiana.
Noi siamo fatti di passato, «noi siamo la sintesi della storia vissuta sin dalla nascita», fa notare nella prefazione del libro Silvio Forza, citando il filosofo francese Henry Bergson, a sottolineare la specificità della storia e dell’identità degli italiani dell’Istria e del Quarnero. Una storia e un’identità di “prima” che di volta in volta sono state negate, ignorate, occultate, stigmatizzate, travisate “dopo,” producendo un’ inquinamento di relazione, un malumore esistenziale tra quelli “che sanno” e quelli “che non sanno”. Da qui il profondo disagio di Ester Sardoz Barlessi e dei prosatori memorialisti quali Gianna Dallemulle Ausenak, Osvaldo Ramous, Mario Schiavato, Claudio Ugussi, Nelida Milani Kruljac, Ezio Mestrovich, la cui produzione assume valenza di valvola di sfogo, di pratica lenitiva di perduranti frustrazioni e strumento di recupero storico, in assenza di strategie didattiche di ripristino, rileva ancora Forza.
Mosaico storico e personale
Nella ricomposizione letteraria di questo mosaico storico e personale, Ester Sardoz Barlessi, pur usando il ricordo come strumento di “nemesi” contro un destino impietoso che ha drammaticamente stravolto l’esistenza di molti, non nutre sentimenti di rancore o in qualche modo negativi da indirizzare contro “gli altri”. Venedo ai contenuti di Panorama ristretto – Racconti d’istriano amore la Barlessi tratta nei primi sei (La lucciola spenta, Semo qua, Whisky, Il premio, Le mie bugie, Vivere per morire), il tema dell’esodo con tutto il suo corredo di lacerazioni affettive e psicologiche, delle nuove abitudini di vita sopravvenute con l’arrivo di popolazioni diverse, la repressione del regime comunista, il lento processo di assimilazione identitario degli italiani che succede pure a motivo della loro inerte assuefazione, la contaminazione linguistica, la nostagia degli esodati. Procede la scrittrice con immagini legate ai ricordi della sua famiglia, con i ricordi delle piccole cose dell’infanzia, («avevamo bisogno di volare con la fantasia in posti lontani dove la gente usava la bocca per sorridere e non solo per piangere e imprecare») per concludere nell’ultimo racconto, Della fame e dell’astuzia con una sequela di eventi storici che hanno segnato la città di Pola che si fondono con un fitto ricamo di vicende personali interdipendenti.
E nonostante la grande e drammatica storia come sfondo, la prosa di Barlessi non di rado scorre brillante e ironica. Racconti che rimandano «a caratteri, a vizi e virtù riconoscibili, a tanti episodi divertenti cui si associano la cantabilità del dialetto, la piacevolezza dei tanti modi di dire e dei proverbi, (ri)producendo così la vita custodita nelle intercapedini della memoria», scrive Dallemulle Ausenak. Il libro esce con il contributo della Città di Pola e il coordinamento del lavoro delle Società e della Società di Studi e Ricerche “Pietas Iulia”.
Fonte: «La Voce del Popolo», 18/08/09.