Polemiche, contestazioni, silenzi, disinteresse e reticenze: il Trattato di Osimo, stipulato nella cittadina marchigiana il 10 novembre 1975, ha segnato una pagina controversa nella storia del confine orientale italiano. Di fronte a storici, osservatori e politici che lo hanno giudicato un capolavoro nella realizzazione di una Ostpolitik italiana nel bel mezzo della Guerra Fredda finalizzata a perfezionare i già buoni rapporti con la Jugoslavia comunista, il Trattato di Osimo è stato da subito avversato dagli esuli istriani, fiumani e dalmati, laddove in Parlamento l’unica vana opposizione provenne dal Movimento Sociale Italiano. Se all’epoca l’accordo bilaterale italo-jugoslavo definiva ufficialmente le rispettive sovranità sulle ex Zona A e B del mai costituito Territorio Libero di Trieste ed il progetto della Zona Franca Industriale transfrontaliera naufragava immediatamente, restava aperta la questione dell’indennizzo da parte della Jugoslavia per i beni abbandonati, nazionalizzati ovvero confiscati agli esuli dei distretti di Capodistria e di Buie. D’altro canto l’implosione della Jugoslavia nei primi anni Novanta avrebbe aperto spiragli per ridiscutere il confine o quanto meno gli indennizzi. Di questo e altro si è discusso in un convegno di alto profilo scientifico organizzato nella primavera 2019 da Coordinamento Adriatico APS proprio a Osimo, in provincia di Ancona, e da quella mattinata di studio sono stati tratti i contributi raccolti nell’agile volumetto (72 pagine) a cura di Giuseppe de Vergottini “Osimo, un trattato che fa ancora discutere” (Wolters Kluwer – Cedam, Padova 2020).
L’attuale Presidente di FederEsuli apre la rassegna di saggi con un’acuta disamina storica e giuridica dalla quale si evince amaramente il crescente disinteresse della classe dirigente italiana per la questione di Trieste, per cui si giunse dalle appassionate giornate patriottiche del 26 ottobre e 4 novembre 1954 alla stipula del famigerato Trattato in sordina e addirittura estromettendo la Farnesina.
La Prof.ssa Ida Caracciolo si è soffermata sulla questione dei beni abbandonati, passando in rassegna la giurisprudenza del diritto internazionale che presenta una serie di precedenti e di casi analoghi di cui l’Italia avrebbe potuto avvalersi per ribadire le proprie ragioni, ma nessun ministro o diplomatico vi ha fatto ricorso.
Significativo l’intervento del Prof. Igor Pellicciari, il quale si sofferma sull’impatto del Trattato di Osimo nei rapporti tra Italia, Slovenia e Croazia, nei cui confronti i Governi nulla hanno fatto per ridiscutere la questione, sia perché nella cosiddetta Seconda Repubblica l’interesse per la politica estera andava via via riducendosi, sia perché la dichiarazione d’indipendenza di Lubiana e Zagabria fu contemporanea rispetto a Tangentopoli, che azzerò una classe dirigente che sarebbe stata capace di far sentire la propria voce, a partire dall’allora Ministro degli Esteri De Michelis.
Giuseppe Severini, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, riferisce nel suo contributo in merito all’esperienza vissuta negli anni Novanta in cui fece parte di gruppi di lavoro che dovevano impostare le relazioni tra Roma la Croazia da poco indipendente: lavorò a stretto contatto con il compianto Lucio Toth, ottenne condizioni vantaggiose a beneficio della minoranza italiana in Croazia (sulla carta, essendo ancora da attuare del tutto da parte di Zagabria), ma nulla poté in merito alla ridiscussione dei confini; l’insigne giurista fa rilevare che determinante risultò la presa di posizione della Germania da poco riunificata, la quale aveva appena ridefinito ufficialmente il proprio confine orientale con la Polonia e non intendeva riaprire vertenze confinarie in Europa.
Completa questa preziosa raccolta di saggi di alto livello lo scritto del Prof. Davide Rossi che passa sinteticamente ma efficacemente in rassegna oltre mezzo secolo di storia dell’Adriatico orientale fra trattati, contrapposizioni bipolari e strategie jugoslave ben più efficaci e assertive di quelle italiane.
Lorenzo Salimbeni