Via alla raccolta delle firme. Chiesti il no alla ratifica del Trattato di Istanbul e una riforma delle legge elettorale mirata a limitare i seggi garantiti.
In Croazia la destra clericale va all’attacco del governo e lo fa con l’arma del referendum. Così in queste settimane nel Paese si sta combattendo una sorta di rivoluzione conservatrice senza che, apparentemente, né il partito di maggioranza e del premier, ossia l’Hdz, né quello di opposizione, ossia la Sdp, riescano in qualche modo a “gestire” il fenomeno che si incarna nell’iniziativa denominata “La gente decide”.
Iniziativa che ha iniziato a raccogliere le 374 mila firme necessarie a indire il referendum per abolire la ratifica del Trattato di Istanbul (favorirebbe l’aborto e le coppie di fatto) e per una riforma della legge elettorale chiaramente indirizzata contro le minoranze e, quindi, anche contro quella italiana che costituzionalmente gode di un seggio garantito (complessivamente sono 8 al Sabor). La Chiesa cattolica croata in tutto questo è parte in causa, essendosi apertamente schierata contro la ratifica del Trattato di Istanbul; ma sta tenendo in questo frangente una posizione di retroguardia e non come avvenne per il referendum che si batteva per il mantenimento in Costituzione dell’assunto che il matrimonio è basato sull’unione di un uomo e di una donna.
Gli animatori di “La gente decide” sostengono che di avere raccolto già nella prima settimana 200 mila firme e sono sicuri di riuscire a raggiungere l’obiettivo delle 374 mila sottoscrizioni nei 14 giorni stabiliti dalla legge croata. Anche se l’obiettivo fosse raggiunto è praticamente certo, come fanno notare gli analisti politici a Zagabria, che la Corte costituzionale invaliderebbe il referendum in quanto relativo alla ratifica di un trattato internazionale e non a una legge della Croazia.
Diverso il ragionamento per quanto riguarda gli emendamenti alla legge elettorale. Per “La gente decide” il Parlamento dovrebbe avere 120 deputati e non i 151 attuali, le minoranze avrebbero sei e non più otto seggi garantiti, la soglia per entrare in Parlamento scenderebbe dall’attuale 5% al 4%, sarebbe introdotto il voto per posta ordinaria e per posta elettronica (questo soprattutto per facilitare la diaspora croata nel mondo, storicamente elettorato di destra e cattolico) mentre i deputati delle minoranze non potrebbero votare né la fiducia al governo, né la legge di bilancio. Dunque una proposta di emendamento chiaramente contro gli attuali diritti delle minoranze in Croazia, indirizzata in primis contro la minoranza serba, ma neppure quella italiana si sente “salva”, anche se il fatto di essere cattolica di religione e non ortodossa come la serba dovrebbe metterla al riparo dalle ire dei clericali referendari.
E tutto questo sta accadendo mentre la Commissione Ue ha ammonito la Croazia per «il crescente sentimento ostile nei confronti di serbi, rom e Lgbt, mentre lo Stato – scrive sempre Bruxelles – non reagisce adeguatamente al sempre più forte nazionalismo che si concretizza nell’aumento dei sostenitori del regime fascista degli ustascia e questo soprattutto tra i giovani». L’Hdz al governo non può reagire contro “La gente decide” perché tra i suoi sostenitori ci sono gli elettori di centrodestra, e, per ora, si è limitata ad accusare una dei leader del movimento, Željka Marki?, come scrive il Delo di Lubiana, di voler prendere il potere con la forza. La debole opposizione della Sdp ha risposto presentando una propria legge sul referendum che non potrebbe essere indetto se è a danno dei diritti delle minoranze.
Il Piccolo, 29 maggio 2018