Scritto da Chiara Mattioni
La stampa è indubbiamente un potente strumento di penetrazione nel tessuto sociale, e spesso le parti politiche hanno puntato sulla sua forza diffusiva e persuasiva per suscitare e orientare il consenso. Specie in periodi storici cruciali e complessi come il secondo dopoguerra, gli articoli di fondo dei quotidiani sono una fonte di notizie non solo sui fatti di grande portata, che si reperiscono facilmente anche nei libri di storia, ma in più sul clima sociale, colto in fieri, fra retaggi del recente trascorso e le idee nascenti. Un giornalismo che si fermasse alla notizia potrebbe infatti conquistarsi un posto negli scaffali del giornalismo di cronaca giudiziaria, criminologica nonché morale, sarebbe oscillante tra la funzione di comunicazione e quella di comunicato. E, invece, attraverso la lettura dei quotidiani è possibile fare una ricostruzione diversa, più viva e immediata, di un’epoca e di una società. Alla breve ma intensa storia di un giornale ormai quasi dimenticato, che uscì a Trieste dal 1945 al 1959, Alberto Grassi dedica il suo libro Il «Corriere di Trieste» tra propaganda e realtà. Un’interpretazione dell’indipendentismo nel Territorio Libero (Hammerle editori, pagg. 149, euro 20,00).
Nel 1945, in una Trieste prostrata dalla guerra e al centro di una situazione politica schizofrenica, la carta stampata trovò particolare fervore. In quegli anni, ben 42 testate uscirono in città, tra riviste, periodici e quotidiani, tra cui quello del Servizio informazioni del Gma, il Giornale Alleato, (dal giugno 1945 al marzo 1947) che cedette il posto al «Giornale di Trieste». «Il Lavoratore» era invece l’organo del partito comunista. Dello stesso anno, il quotidiano «Primorski Devnik», che continua ancora oggi le pubblicazioni, e «Il nostro Avvenire», organo dei combattenti di nazionalità italiana nell’esercito di Tito, gli unici due quotidiani, uno in sloveno l’altro in italiano, che si trovavano nelle edicole durante i quaranta giorni dell’occupazione titina a Trieste. Il 23 luglio, sotto la direzione di Vittorio Furlani uscì, promosso dal Comitato di liberazione nazionale, «La voce libera», che aveva tra i suoi editorialisti Silvio Benco. Ancora, tra i quotidiani, c’era appunto il «Corriere di Trieste», che nasce come quotidiano democratico indipendente, beneficiando però di finanziamenti da parte jugoslava. «Fin dall’inizio – scrive l’autore, negli articoli scritti secondo gli ideali della sinistra progressista venivano difesi gli interessi dei lavoratori ma particolare risalto veniva dato anche ai diritti delle popolazioni slave della Venezia Giulia. Il ”Corriere di Trieste” si fece quindi strenuo promotore della fratellanza italo-slava, di quello spirito di solidarietà fra le due popolazioni che era stato alla base dell’antifascismo locale». Gli articoli del giornale esaltano per lo più le potenzialità di Trieste che erano state calpestate dal nazionalismo. Il 1947 è l’anno della svolta e il giornale diventa la voce del movimento indipendentista prendendo la nuova dicitura «Quotidiano del Territorio Libero» sotto la direzione di Carolus Luigi Cergoly, poeta e giornalista triestino a cui, dichiara Grassi, questo libro è dedicato. Ma numerose sono le firme illustri dei collaboratori del quotidiano indipendentista, da Bruno Pincherle a Umberto Saba, da Renato Ferrari allo storico Fabio Cusin che dalle pagine del ”Corriere di Trieste difende” vigorosamente il progetto del TLT.
L’area della Venezia Giulia che vede l’incontrarsi dei popoli italiano e sloveno, era stata in passato già frammentata, mai però nella misura in cui lo fu nel primo decennio del dopoguerra. Dal maggio 1945 al settembre 1947 vi operavano infatti due amministrazioni militari anglo-americane (con sede a Trieste e Udine) ed il governo militare jugoslavo. La Venezia Giulia venne divisa in zona A, amministrata da un governo militare alleato, e zona B, amministrata da un governo militare jugoslavo. Dopo il 1945 la situazione internazionale si stava sviluppando rapidamente verso la contrapposizione globale fra Est ed Ovest, e il clima di scontro fra civiltà condizionava gli atteggiamenti politici delle popolazioni viventi al confine tra Italia e Jugoslavia. L’obiettivo più ambizioso del «Corriere di Trieste» fu promuovere il movimento indipendentista e la costituzione del TLT, secondo una visione politica economica e culturale come punto di incontro di civiltà e commerci del centro Europa. La storia di Trieste in quei 14 anni di vita del giornale è ricostruita attentamente da Grassi anche attraverso l’analisi delle fotografie del tempo, significative notizie di cronaca (fedelmente riportate), e varie testimonianze, tra tutte, l’interessante intervista a Manlio Cecovini, che chiarisce, tra l’altro, la differenza tra indipendenza e autonomia, istanza alla base della più recente avventura politica della Lista per Trieste da lui promossa. Un saggio dettagliato, questo di Alberto Grassi, un atto di memoria che fa rivivere l’utopia di uno Stato plurilinguistico e indipendente coltivata da uomini come Cergoly, che, al di là delle idee di cui erano portatori, con la loro opera hanno «cercato di avvicinare italiani e slavi e condurli alla reciproca comprensione in queste tormentate terre».
Fonte: «Il Piccolo», 30/12/09.