«Io sono un volontario della causa giuliano-dalmata: Trieste evoca storie di sofferenza e di
patriottismo, poiché ha pagato a caro prezzo la sua voglia di essere italiana» ha esordito il
Vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri dopo che le note dell’Inno all’Istria hanno
aperto l’intervista che il professor Davide Rossi (Associazione Coordinamento Adriatico)
gli ha fatto lunedì 27 novembre durante uno degli incontri della Bancarella 2017. Salone
del libro dell’Adriatico orientale.
La conversazione verteva sul rapporto fra la Repubblica italiana ed il confine orientale e
l’inizio non fu dei migliori, poiché la XII circoscrizione elettorale non poté votare al
referendum del 2 giugno 1946, sicché triestini, goriziani, istriani, fiumani e zaratini non
poterono partecipare al momento fondativo del nuovo Stato e immediatamente dopo le
cose non andarono meglio: «Il Partito Comunista Italiano – ha affermato Gasparri –
determinò contro gli esuli molte iniziative di ostilità, la più famosa delle quali fu il treno
della vergogna transitato il 17 febbraio 1947 per Bologna: l’ideologia prevalse sulla
solidarietà nazionale»
Tali argomenti sono rimasti a lungo al di fuori dei libri di testo, fornendo a Gasparri negli
anni Novanta il destro per una serie di interrogazioni all’indirizzo dei titolari del MIUR: «La
mia replica ad una risposta ottenuta dalla Sottosegretaria Rocchi – ha ricordato
l’esponente di Forza Italia – fu così veemente che, anche se l’aula era semideserta,
Giampaolo Pansa condivise le mie rimostranze e in due pagine sull’Espresso denunciò
quella parte d’Italia che negò le tragedie delle foibe e dell’esodo per ragioni ideologiche»
Frequentando le organizzazioni giovanili del Movimento Sociale Italiano Gasparri cominciò
ad appassionarsi alle vicende giuliano-dalmate, delle quali non vi era traccia nei libri di
testo, partecipando ad esempio alle manifestazioni contro il Trattato di Osimo svoltesi
nella capitale: «Le questioni del confine orientale – ha rilevato il senatore – erano andate
scomparendo dall’agenda politica, nonostante le iniziative missine. Quanto avvenne a
Osimo era in continuità con quanto successo prima, c’era stato inoltre il Sessantotto anti-
patriottico e proprio in quel 1975 la sinistra vinse in alcune grandi città: dati questi
presupposti, il patriottismo era stato annichilito, la sinistra appariva in crescita ed il centro
risultava incapace di brandire i legittimi interessi nazionali»
Coerentemente con siffatta situazione si sarebbe giunti al cospetto della dissoluzione della
Jugoslavia: «La rimozione del sentimento nazionale e l’egemonia culturale della sinistra –
ha osservato Gasparri – non lasciavano margini di manovra all’Italia per le sue
rivendicazioni di fronte allo sgretolamento dello Stato titoista»
Venendo all’attualità, non mancano le questioni ancora da risolvere: «L’orgoglio di
recuperare una memoria storica – ha puntualizzato il parlamentare romano – deve andare
di pari passo con il risarcimento economico collegato ai beni abbandonati, argomento su
cui ho ricevuto una risposta incoraggiante da parte del Viceministro dell’Economia
Morando. D’altro canto in Slovenia e Croazia molto è cambiato e pure i rapporti con i
“rimasti” sono mutati: la convivenza è prioritaria, ma non bisogna rinunciare al recupero e
al rispetto della nostra identità»
Prima di rispondere alle domande del pubblico, Gasparri ha, infine, colto l’occasione per
esporre alcune precisazioni in merito a “Il cuore nel pozzo” la controversa fiction RAI che
portò sul piccolo schermo la storia delle foibe: «Fui io a proporre quel progetto – ha
rivelato l’ex Ministro delle Comunicazioni – ma trovai molte resistenze perché il tema era
ancora tabù. Preziosissima mi fu la consulenza del compianto Lucio Toth, con il quale
vagliai i testi che inizialmente apparivano improponibili. Riconosco i suoi meriti alla
contestata scena del bambino che entra nella foiba in cui giacciono i genitori morenti: si è
trattato di una licenza poetica che intendeva fornire il senso del dramma»
Lorenzo Salimbeni