Foibe 3D

Scritto da Roberto Olla, Passato/Presente ‹blog.rai.it›, 06.02.11

«Si come a Pola presso del Carnaro / ch’Italia chiude e suoi termini bagna» – Divina Commedia / Inferno 113-114.

Dante non aveva dubbi su quali fossero i confini orientali dell’Italia. Un’Italia ancora ridotta ad “espressione geografica”, ma culturalmente presente e viva. Oggi sono altri i confini orientali dell’Italia, confini definiti dopo un bagno di sangue. Li abbiamo accettati in un prolungato silenzio. Circa cinquanta anni di silenzio, la maturità di un uomo. Terminato il silenzio, non ci siamo ritrovati con un composto meditare su ciò che è stato. Ci siamo ritrovati subito nel chiasso. Per fortuna l’Europa resiste, anche oltre l’euro, e l’Istria può avviarsi ad essere una libera e felice regione europea, priva di confini, ricca di cultura e di tradizioni, con una spiccata apertura al turismo, decisa a far convivere in pace diverse etnie, da quelle “storiche” alle nuove frutto dei flussi migratori. Per questo “Giorno del ricordo delle Foibe e dell’Esodo” abbiamo scelto di produrre il primo documentario in 3D della Rai.

Impresa (si, si tratta di un’impresa oggi, in Rai e non solo in Rai) riuscita grazie al sostegno delle direzioni di diversi settori aziendali (Tg1, Produzione, Relazioni Esterne, Comunicazione e immagine, Centro Sperimentale di Torino). Non è stato facile, non è ancora facile parlare delle foibe in tv. Lasciamo perdere la contestazione che c’è stata a Firenze il 5 febbraio verso chi voleva commemorare le vittime. Non vale la pena di parlarne. È invece incredibile ritrovarsi ancora davanti alle idee che circolavano nel primo dopoguerra, quando gli esuli istriani furono respinti da porti e stazioni perché giudicati tutti fascisti. Tutti fascisti. E invece dov’erano finite le folle di Piazza Venezia? E i milioni di votanti ai plebisciti? E le figlie della lupa, i balilla, gli avanguardisti? Solo gli istriani erano tutti fascisti? Naturalmente, solo i più grezzi e sprovveduti pongono oggi il problema in questi termini. Gli altri dicono «che… però… insomma…. bisogna tener conto di quello che gli italiani avevano fatto in Jugoslavia, dei crimini del fascismo, ….perché poi, è chiaro, quegli altri si sono vendicati per reazione.» Occupandosi di storia, anche solo a livello di divulgazione, se ne vedono di tutti i colori. Si vede anche chi si arrampica sugli specchi di teorie brillanti sperando solo di essere inseguito dal dibattito. Qualcuno ha teorizzato che i campi di stermino nazisti sono stati costruiti da Hitler per reazione a quelli di Stalin. Mi è capitato di discutere con storici che avanzavano una singolare teoria per il genocidio armeno: sarebbe stata una reazione, nel clima della prima guerra mondiale, alla ribellione degli armeni che avevano ammazzato molti turchi. Si, certo, un milione e mezzo di morti, sostenevano, ma non un genocidio. Non un genocidio proprio perché una reazione. La teoria della reazione, nelle piu differenti sfaccettature, la ritrovate nei vari genodici, tra i Tutsu come tra i contadini dell’ex Unione Sovietica. Non si può negare che ci siano state violenze al confine orientale. Nessuno può nascondere il fatto storico che il governo italiano (quello dell’Italia liberale) si impose con la forza. Non si può nascondere che il fascismo “italianizzò” (obtorto collo) tutto quello che poteva italianizzare, dai cognomi, alla scuola, alla lingua. Innegabile il fatto che il regime cercò di cancellare le altre etnie “italianizzandole” anche con la violenza.

Meno che mai si possono negare le fucilazioni di partigiani jugoslavi, le deportazioni di civili antifascisti e di ebrei in tutta l’area. Una lunga scia di crimini. Ma questo non fa da contrappeso allo stermino delle foibe. Per i crimini contro l’umanità non esistono contrappesi o “teorie della reazione” che possano renderli più sopportabili. Gli assassini di massa nelle foibe, nei campi di concentramento jugoslavi, in mare con pietre al collo, restano purtroppo una macchia nel movimento partigiano che ha scacciato i nazsiti dalla Slovenia, dalla Dalmazia, e che ha collaborato con Tito non per liberare Trieste e la Venezia Giulia ma per favorirne l’annessione alla Jugoslavia grazie ad una pulizia etnica che liberasse quelle terre dalla maggioranza italiana. Col trattato di pace di Parigi e con una comunità italiana ridotta ormai ad una piccola, silenziosa e impaurita entità, la violenza si è finalmente fermata. Ma oggi, ogni volta che parliamo di foibe, ci ritroviamo di fronte ad una (ancora ampia) schiera che si rifiuta di parlarne se non si parla di tutto ciò che è accaduto prima nelle terre del confine orientale. Per reazione alla reazione, ho trovato chi pretendeva di partire dall’impero austroungarico, il che poi significa partire dalla Repubblica Veneta. Se queste stesse persone si presentassero con le stesse pretese a dei dibattiti sulla Shoah, sul genocidio armeno, su quello cambogiano, subirebbero le giuste e indignate critiche del pubblico. Naturalmente c’è chi si presenta lo stesso, magari con la precauzione di sceglierselo il pubblico. È stata inventata anche una sorta di “reazione a posteriori” secondo la quale (teoria, dovrei dire, ma teoria è una parola grossa in questo caso…. non mi viene se non tra parentesi) gli ebrei starebbero facendo ora ai palestinesi quelli che è stato fatto a loro dai nazisti.

E, guarda caso, questo vento di parole (o parole al vento) arriva dagli stessi ambienti che non accettano di parlare di foibe, se non nel contesto da loro scelto. Per fortuna, ripeto, i tre presidenti (italiano, sloveno e croato) si sono incontrati in Piazza Unità a Trieste. Un incontro più per aprire la pagina del futuro della regione che per chiudere una pagina di storia macchiata di sangue. Su questa pagina in Italia continueremo a scontrarci, mentre fortunatamente i giovani istriani (che siano italiani, sloveni o croati) cominciano a godersi il fascino della loro regione europea. È questo il messaggio di fondo che abbiamo affidato al documentario “FOIBE” in 3D. Chi vuol vederlo in 3D può andare a Trieste (c’è sempre una buona occasione per visitare e ammirare Trieste) al Museo della Cultura Istriana. Oppure…..può organizzare una proiezione in 3D nella sua città. Ed ecco ora alcuni estratti dalle testimonianze che fanno parte dello script del documentario.
Antonio Pauletich – storico: «C’era un tribunale popolare così detto dove venivano giudicati alla svelta. E alla notte, con le corriere della morte cosiddette, venivano trasportati nelle foibe, nelle vicinanze di Pisino e liquidati.»
Licia Cossetto, sorella di Norma Cossetto: «Basta che penso a quello che han fatto a mia sorella che l’hanno legata al tavolo e l’hanno torturata in tutti i modi quelle sono veramente barbarie atrocità che uno non può neanche pensare ad una cosa del genere.»

Antonio Pauletich, storico: «Sotto l’arcata della condotta dell’acquedotto istriano, venendo sulla strada da Montona lungo la valle, ci sono ancora due fosse comuni con i resti di cittadini di Montona e di Portole». Centrale la testimonianza di Graziano Udovisi (che è mancato nel 2010). Ecco il passaggio del suo racconto, quando è di fronte alla foiba, notte con luna piena, e decide di buttarsi un attimo prima che i titini gli sparino addosso, sperando di morire subito. Invece: «Un alberello che sporgeva mi trattiene un momento. È stato anche quel momento, ripensando dopo, che permesso agli altri di cadere tutti quanti e di cadere dove? Dentro l’acqua. Era una foiba chiusa, una foiba piena d’acqua. Con un salto di una ventina di metri sono piombato anche io dentro e dimenandomi perché sapevo che bastava ingoiare una sola boccata d’acqua e si era perduti, non avrei mai più rivisto nessuno… Ho trattenuto il respiro, ho forzato e questa mano l’ho liberata, l’altra mano è stato semplice liberarla. Ho liberato una mano e quando ho dato un colpo per poter risalire ho incontrato una zolla di terra con dell’erba. Non era erba, era la testa di quello che stava appresso a me… l’ho presa con forza e l’ho tirata su. Ho salvato un altro che non era stato neppure lui scalfito da un colpo di mitra.»

Licia Cossetto, sorella di Norma Cossetto: «Io ho girato tutte le foibe dell’Istria per trovare i miei, perché papà era in una, Norma era in un’altra, altri miei parenti erano ancora in un’altra. Mia sorella l’ho riconosciuta da un golfino tirolese che papà ci aveva portato, ci aveva regalato quando ci aveva portato a fare una gita in Tirolo. Era un golfino particolare con dei ricami speciali e l’ho riconosciuta da quello. Aveva le mani legate dietro la schiena, perché è venuto proprio Harzarich a tagliargliele…con i vestiti tirati su, insomma era in uno stato pietoso. 23 anni, doveva laurearsi in quei giorni, perché aveva finito la tesi sull’Istria rossa, ma non rossa di comunismo, rossa di bauxite.»
Antonio Pauletich storico: «Le foibe sono la macchia nera, il peccato mortale del movimento partigiano in Istria. Dunque ancora oggi, ancora oggi più di una persona tace ancora perché è difficile parlare di queste cose.»

Licia Cossetto, sorella di Norma Cossetto: «Io mi ricordo che quando insegnavo a Milano i miei colleghi quando io volevo raccontare qualche cosa mi zittivano. Non si poteva proprio parlare. Per sessanta anni siamo dovuto stare zitti e non dire niente, subire.»

Antonio Pauletich, storico: «Se Francia e Germania che erano nemiche da sempre hanno fatto pace e hanno fatto l’Europa credo che anche in queste zone dovrebbe ritornare la pace, perché anche i nostri esuli avrebbero la possibilità di tornare nelle loro terre nelle loro case perché vale più una cafonata, una stalla in Istria che un grattacielo che hanno fatto a Nuova York.»