Scritto da Coordinamento Adriatico
Si è svolto con pieno successo a Bologna l’incontro del 19 novembre 2010 “L’Istria, le donne, la scrittura” promosso, in occasione della presentazione del romanzo “Straniero”, dalla libreria Il secondo Rinascimento, che si contraddistingue a Bologna sul piano culturale perché ha un particolare interesse per le questioni aperte della recente storia italiana e ospita un vasto assortimento di pubblicazioni sulla dissidenza di ogni parte del mondo.
Lo psicanalista cifrematico Sergio Dalla Val, Flavia Ciacci Arone di Bertolino, giornalista e promotrice di importanti eventi culturali come il Festival di Santo Stefano a Bologna, insieme a Liliana Martissa Mengoli ( autrice di “Straniero” sotto lo pseudonimo di Fausta Maria Milli) attraverso l’analisi del romanzo hanno approfondito alcune tematiche quali la scrittura al femminile, il retaggio storico e culturale dell’Istria anche alla luce dei suoi antichi rapporti con Ravenna e Venezia e, nell’Ottocento, con l’area mitteleuropea, e anche lo stile di vita di un mondo, quello istro-veneto, destinato a scomparire con l’esodo del 1947.
Sono emersi altresì questioni come il conflitto nazionale ed etnico al confine orientale d’Italia, personificato dalle figure dello “straniero”, austriaco prima, jugoslavo poi, argomento trattato con pacatezza e rigore senza trascurare “le ragioni degli altri”, o il tema della guerra, vissuta nella quotidianità più che sui campi di battaglia ma non per questo meno destabilizzante, in un quadro che si amplia fino a descrivere anche le condizioni dell’Austria e dell’Ungheria nei periodi antecedenti e susseguenti i due conflitti mondiali.
È emerso come imput per la scrittura del romanzo la volontà dell’autrice di ricercare le proprie radici per un senso di non appartenenza (anche se il sentimento di estraneità non è solo dell’esule giacché, come osserva Frued, l’Io non è padrone in casa propria e di conseguenza tutti possiamo sentirci un po’ stranieri), ma soprattutto la necessità di tutelare la memoria di un mondo scomparso, nel suo aspetto non tanto consolatorio e nostalgico, quanto etico, perché l’accettazione di dolorosi e irreversibili eventi storici non può comportare la rimozione degli stessi.