DOSSIER. Trieste, “Le vie dell’Amicizia”

Scritto da Coordinamento Adriatico
Articoli, notizie e commenti sulla serata-concerto del 13 luglio. Rassegna stampa da Italia, Croazia e Slovenia.

Ansa su Trieste
ANSA, 13/07/10
Trieste – Un uomo che gridava con un megafono «infoibatori, infoibatori» è stato bloccato dagli uomini della Digos della Questura, a Trieste a pochi passi dal Monumento all’Esodo, dove i Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia stavano deponendo una corona d’alloro. L’uomo – a quanto si è saputo – è stato allontanato e identificato. Si tratterebbe di Francesco Neami, segretario provinciale di Trieste del movimento politico “La Destra”.
Agenzia su contestazione
Adnkronos, 13/07/10
Trieste – Avvicinato dai giornalisti dopo la contestazione all’omaggio reso oggi a Trieste assieme ai capi di Stato di Slovenia e Croazia, Danilo Türk e Ivo Josipovic, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha brevemente così commentato l’accusa di “infoibatori” rivolta dall’uomo: «Ci sono gesti che parlano da soli e non servono altre dichiarazioni».
Ansa su Tondo
ANSA, 13/07/10
Trieste – Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, invita a «non guardare al passato con gli occhi del presente», per giudicare la portata del «concerto dell’ amicizia» che si svolgerà stasera a Trieste. Parlando con i giornalisti a margine della cerimonia d’inaugurazione della nuova sede della Sissa, Tondo ha ritenuto «sbagliato giudicare il passato con gli occhi del presente», facendo riferimento alle polemiche legate alle cerimonie che nel pomeriggio vedranno assieme il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e i Capi di Stato di Slovenia e Croazia. «Il presente – ha concluso Tondo – è il fatto che il Presidente Napolitano è qui tra noi per questa importante iniziativa».
Foibe: Napolitano, non essere prigionieri del passato
AGI, 13/07/10
Trieste – Giorgio Napolitano ricorda di essere stato lui a voler celebrare al Quirinale negli ultimi tre anni la giornata del ricordo, dedicata ai profughi giuliani e alle vittime delle foibe, ed esorta da Trieste a «guardare avanti» perché «non possiamo mai essere prigionieri del passato». Con Slovenia e Croazia, due democrazie che fanno parte dell’UE, bisogna arrivare ad un «livello superiore di collaborazione, perché ve ne sono tutte le condizioni», spiega inaugurando nel capoluogo giuliano la nuova sede della scuola internazionale superiore di studi avanzati. Questa sera, insieme ai presidenti dei due paesi ex Jugoslavi, presenzierà al “Concerto per l’amicizia”, organizzato dal maestro Riccardo Muti. Nel pomeriggio renderà omaggio a due luoghi legati alle sofferenze subite dalla città nel corso del Novecento. Una giornata la cui organizzazione «c’è costata parecchia fatica», spiega, «abbiamo dovuto superare malintesi e preoccupazioni su ambo le sponde. Penso che abbiamo trovato però il giusto equilibrio».
Concerto Trieste: Menia, non vado, è verità imbellettata
ANSA, 13/07/10
TRIESTE – Per il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, «la verità è ben diversa da quella che viene dipinta imbellettata e profumata di rose» in occasione della visita a Trieste dei tre Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia. Lo afferma oggi, in una nota, ribadendo la propria posizione contraria al programma delle celebrazioni in occasione del concerto ”Vie dell’amicizia” di stasera, al quale ha confermato che non parteciperà. «Basta – ha detto Menia – con la retorica del grande momento, dell’immenso atto di riconciliazione, della cronaca che si fa storia». Menia sostiene che ai Presidenti di Croazia e Slovenia «era stato rivolto l’invito a partecipare a un grande concerto di Muti in piazza Unità d’Italia. Bastava dire di sì, ma così non è andata. Lo sloveno Türk, quello che lo scorso 10 febbraio sostenne che l’Italia soffre di un “deficit etico” rispetto alle colpe sue e del fascismo, ha detto no, a meno che i tre Presidenti non rendessero prima omaggio all’ex hotel Balkan, eletto a “simbolo delle violenze fasciste e italiane” subite dagli sloveni». Menia aggiunge inoltre che a Trieste «esiste una grande tomba, di migliaia di italiani trucidati a guerra finita dai comunisti jugoslavi: la Foiba di Basovizza, Monumento Nazionale.
Se siete uomini giusti andateci, ho detto, da parlamentare triestino che oggi ha anche la ventura di stare al Governo. Il Presidente Napolitano, e ciò mi ha fatto piacere, ha accolto lo spirito di questo invito. Turk – sottolinea – ha detto no». La decisione di visitare l’ex Balkan e quindi la targa che ricorda gli esuli giuliano-dalmati di fronte alla Stazione ferroviaria, per Menia «una lastra di marmo posata qualche anno fa e sconosciuta ai più», fa sì che «è stata cancellata la vicenda storica della stessa Trieste, dell’occupazione jugoslava della città, con il suo calvario di sangue e di morte. Trieste diventa di fatto solo il capolinea del viaggio di quegli istriani che la Slovenia continua sprezzantemente a chiamare “optanti”, cui riconosce sì il dolore, ma di un qualunque emigrante. Agli stessi tuttora non riconosce diritti, non restituisce neppure un mattone delle case di cui furono depredati. Ecco perché – conclude il sottosegretario – ho ritenuto di non cantare nel coro e di non partecipare a questa giornata triestina, aspettando tempi migliori».
Ignorati gli appelli: Napolitano va all’Hotel Balkan
«Avvenire», 13/07/10
Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e i suoi omologhi sloveno e croato, Danilo Türk e Ivo Josipovic, presenzieranno oggi a Trieste al Concerto dell’amicizia diretto da Riccardo Muti, «consapevoli – si legge in una dichiarazione congiunta – dell’alto messaggio di pace e fratellanza di cui è portatrice l’iniziativa. Prima del concerto deporremo una corona di alloro alla Narodni Dom, orribilmente incendiata il 13 luglio 1920, e al monumento all’esodo dalle terre natali degli Istriani, Fiumani e Dalmati». È così caduta nel nulla la lettera-appello inviata a Napolitano da varie associazioni di esuli (Unione degli istriani, Lega nazionale, Federazione delle associazioni combattentistiche) contro l’accostamento tra la Narodni Dom, la Casa del popolo slovena ospitata dall’Hotel Balkan, e il monumento all’Esodo. Un’abbinata che ha suscitato numerose polemiche perché – ha ricordato su queste colonne Paolo Simoncelli mercoledì scorso – in questo modo «la memoria storica» viene «disposta orizzontalmente, come su un bancone di mercato». Altra invece dovrebbe essere la corretta opera di ricostruzione del passato, che – come ha messo in luce il dibattito proposto da ‘Avvenire’ giovedì – impedisce non solo di mettere alla pari l’incendio dell’albergo con le foibe e il seguente Esodo, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di italiani, ma anche e soprattutto di rintuzzare la tentazione, affiorata in certa storiografia nazionalista slava (e talvolta anche nostrana, specie se ideologicamente orientata), di “spiegare”, se non “giustificare”, l’orrore delle foibe come una “conseguenza” del nazionalismo italiano che oppresse la minoranza slava in epoca fascista.
Muti e 360 ragazzi canto per le ferite dell’Adriatico
Anna Tonelli, «La Repubblica», 13/07/10
A guardarli da lontano sembrano studenti di un college in gita, chiassosi e variopinti. Ma quando entra il Maestro Muti, i 360 ragazzi si trasformano in una classe provetta. Sloveni, croati, italiani. A parlare l´unica lingua della musica per annullare differenze, culture, discriminazioni, barriere. Ieri, a Ravenna, si è dimostrato che le sponde ferite dell´Adriatico possono ricomporsi su note e voci. «Un canto e un suono non per dimenticare, ma per andare avanti», sostiene Cristina Mazzavillani Muti che ha voluto questo viaggio dell´amicizia. Due prove generali ieri al Pala De Andrè come «regalo» al festival, poi stasera la compagnia si trasferisce a Trieste, come finale del progetto culturale e artistico. Sventolano le tre bandiere – Italia, Slovenia e Croazia – sul palco, troppo piccolo per un complesso così numeroso. I musicisti della Cherubini si mescolano con quelli dell´Accademia di Lubiana, l´Orchestra Giovanile Italiana con gli allievi dell´università di Zagabria, i coristi di Kranj con l´Ensemble del Friuli. Niente smoking per il matinée in riva al mare, solo una camicia bianca per tutti. Partono gli inni nazionali, un omaggio allo spirito unitario. «Nelle mani della musica la storia sarebbe diversa», aggiunge la direttrice del festival con accanto il nipotino Riccardo che ritma sulle strofe di «Fratelli d´Italia». Il pensiero va alle storie di quei giovani che sono lì a suonare l´oboe, le trombe, i sassofoni sulle note di inni di paesi fino a poco fa «nemici». «Sono i nipoti – continua Cristina Mazzavillani Muti – di gente bruciata, trucidata, ammazzata, stuprata, ma in questo momento cantano e suonano per un´altra storia, per aprire un´altra stagione di vita e di speranza». Davanti ai giovani talenti, la platea del Ravenna Festival si emoziona. Anche chi è abituato ai grandi concerti, capisce che questo è diverso. Lo avverte dall´espressione benevola di Muti che conosce i suoi «pulcini» dell´Orchestra Cherubini, ma si affeziona subito ai nuovi che arrivano dall´altra sponda dell´Adriatico. «Loro sono la garanzia di un futuro migliore, anche per noi», si lascia andare il Maestro. E il futuro sta nell´armonia ritrovata sulla musica. Prima la cantata Libertas animi del compositore sloveno Andrej Mission, poi l´Inno alla libertà del croato Jakov Gotovac. Quando coro e orchestra chiudono il Requiem di Cherubini, il pubblico si alza commosso ed esaltato.
Italia, Slovenia e Croazia Riconciliazione sulle note di Muti
«Corriere della Sera», 13/07/10
TRIESTE – È stato faticoso e difficile, perché bisognava mettere da parte mezzo secolo di aspettative deluse, di revanscismi frustrati e di risentimenti tenaci vissuti in modo spesso viscerale da tre diversi popoli. Ma alla fine, superando in extremis le ultime tentazioni polemiche (che non sono mancate), la riconciliazione storica fra italiani, sloveni e croati avverrà. Avrà la forma di un abbraccio fra i presidenti Giorgio Napolitano, Danilo Türk e Ivo Josipovic su un palco della piazza consacrata a quell’Unità d’Italia che si avvia a celebrare il giubileo dei propri 150 anni. Un palco dove Riccardo Muti dirigerà stasera un concerto «all’amicizia» chiudendo, appunto in questa trasferta a Trieste, il festival che il maestro organizza ogni estate a Ravenna e che tocca sempre anche qualche città martire di conflitti più o meno recenti (prima di qui toccò a Damasco, Erevan, Sarajevo).
Dicono i tre ospiti d’onore, firmando una nota congiunta calibrata fino alle virgole in una settimana di negoziati fra Roma, Lubiana e Zagabria: «Noi capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia siamo consapevoli dell’alto messaggio di pace e fratellanza» riassunto nell’iniziativa organizzata dal direttore d’orchestra. E aggiungono: «Con la nostra presenza intendiamo testimoniare la ferma volontà di far prevalere quel che oggi ci unisce su quel che ci ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo storico, segnato da guerre tra Stati ed etnie». Stavolta c’è dunque la voglia— condivisa oltre i rituali esorcismi delle diplomazie — di chiudere una pagina, mentre già se n’è aperta una nuova: quella dell’Europa. «Ormai Italia, Slovenia e Croazia s’incontrano nel contesto dell’Unione europea, per sua natura portatrice di rispetto delle diversità e di spirito di convivenza tra popolazioni, culture e lingue che hanno già operosamente e lungamente convissuto per secoli». Di qui «l’impegno», proclamato nella forma più solenne, «a coltivare sempre il rispetto dei diritti di tutte le minoranze».
Non basta. Scrivono ancora Napolitano, Türk e Josipovic, consapevoli che da queste parti qualsiasi scommessa sul futuro deve prima sterilizzare certe irrisolte controversie sul Novecento: «In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo, com’è giusto, la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime di cieche violenze, e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato…». E tuttavia, «il nostro sguardo è volto all’avvenire che, con il decisivo contributo delle generazioni più giovani, vogliamo e possiamo edificare in un’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione». Insomma, nessuna amnesia coatta. La rilettura critica di quel «secolo breve» che qui fu invece lunghissimo (tra odi, persecuzioni, stragi, una guerra sbagliata e perduta, l’occupazione titina con la vendetta delle foibe, la mutilazione dei confini, ecc.) non va interrotta. Ma s’impone una forma di ricomposizione tale da non condannare ancora i popoli di quest’angolo del Vecchio Continente a guardarsi come mondi separati e ostili. Per cui, in una sorta di omaggio alle reciproche tragedie, oggi pomeriggio i tre capi di Stato parteciperanno insieme ad alcune cerimonie commemorative. La prima nell’edificio dell’ex «Narodni Dom», un circolo culturale sloveno dato alle fiamme quando in Italia un certo tipo di nazionalismo già incubava il fascismo. La seconda a piazza Libertà, davanti al monumento all’Esodo, dedicato ai 350 mila esuli italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Una scelta alla ricerca di un equilibrio fra reciproci torti. Una scelta che però il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, contesta come un compromesso sbagliato e al ribasso (mentre sollecitava invece una tappa alla foiba di Basovizza), annunciando che diserterà il concerto. Chissà se saranno tanti o pochi, i triestini che lo imiteranno. Mentre la città, come sempre in questi casi, si divide, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nonostante la comune militanza sotto le bandiere del Pdl, lo censura: «Credo che Menia sbagli a protestare e che Napolitano faccia benissimo a seguire il programma che ha deciso».
La sinfonia della storia
Demetrio Volcic,«Il Piccolo», 13/07/10
Non bisogna aspettare i prossimi campionati mondiali di calcio per capire quanto l’idea o il sentimento di nazione, affidato purtroppo al pallone, sia uno dei pochi ”valori” a resistere all’usura. Sono avvolti nelle nebbie del ricordo e della marginalità, invece, quasi tutti i grandi racconti dell’Ottocento e del Novecento: dal socialismo realizzato ai monopartiti di destra, dal razionalismo all’Illuminismo. E in cattiva salute è persino il liberismo, trionfatore della terza Guerra mondiale non combattuta. Anche nei rapporti italo-sloveno-croati il nazionalismo detta l’agenda di una buona parte degli ultimi 150 anni. L’impero austroungarico non è stato in grado di trovare gli strumenti per frenarlo, benché fino all’estate 1918 alcune delle nazioni e alcune delle etnie ancora avrebbero preferito quella monarchia – che conoscevano – alle incertezze del futuro. Non è stato in grado di vincere con la sua ideologia universalistica nemmeno il marxismo-leninismo, e tanto meno l’idea dell’autogestione jugoslava, versione minore del tema leninista.
Siamo dunque alle prese da decenni con una sorta di rompicapo: come mettere assieme le tessere di un mosaico multicolore e pieno di varianti interne. Ma di mosaico si tratta, che nei secoli una sua identità molteplice l’ha pur avuta. Guardiamo allora agli studi di Robert Putnam, che immaginano forme nuove di co-operazione e di integrazione tra gli abitanti – espressione di diverse etnie – di uno stesso territorio, in un progetto capace di un’identità allargata e plurale. In questo senso, ben vengano dunque le micro o le macro regioni concepite in sede di allargamento dell’Unione europea, purché non siano scatole vuote, come molti contenitori internazionali capaci soprattutto di creare perlopiù un nuovo apparato burocratico. I gesti simbolici sono graditi e opportuni, le cancellerie dei tre presidenti Napolitano, Türk e Josipovic hanno calcolato ovviamente che una visita a Trieste in questa congiuntura storica può avere un significato forte, può implicare un cambio di passo. Forse l’insieme delle iniziative di cui i tre Presidenti saranno protagonisti può rappresentare anche un riconoscimento “alto” e insieme un supporto alla quotidianità, all’integrazione praticata giorno per giorno, alle relazioni costituite tra le persone prima che tra gli Stati e tra le istituzioni in genere.
Un gesto, quello dei Presidenti, che può produrre poi effetti duraturi e diminuire – forse anche impercettibilmente – il senso residuo di separatezza tra “noi” e gli “altri” e la paura subconscia che viene dal passato. Sulla vicinanza italo-slovena hanno scritto in tanti e bene. Ma questa capacità di riflessione non transita del tutto nell’opinione pubblica, permangono ragnatele e vincoli fatti da stereotipi negativi, da luoghi comuni del passato. Succede molto spesso tra vicini di casa. E del resto, non è nemmeno una specificità di questo nostro pezzo di confine, di questa nostra terra condivisa. Un polacco, sostengono gli ex dissidenti di Solidarnosc, sarà ancora per generazioni anti-russo e filo-americano, perché gli Usa hanno rappresentato nel periodo comunista l’agognata sponda della libertà. La Georgia odia la Russia, nonostante una convivenza di oltre due secoli, e le attribuisce tutti i mali del suo essere. L’Ira e l’Eta detestano i due Stati in cui i loro membri vivono. Tra la Francia e la Germania esiste invece un rapporto pragmatico, che non significa amore, ma la comprensione delle difficoltà del prossimo quando vive una fase difficile. È probabilmente questo il rapporto che si dovrebbe coltivare dalle nostre parti. Per i politici-poeti o per coloro che predicano la salvezza come se dipendesse solo dall’Unione europea, anche quando a provocare dissidi e guai siamo noi, è consigliabile che cambino mestiere.
I ricordi e la storia vanno coltivati, anche studiati, ma senza l’ottica aberrante del soldato giapponese, che ancora non ha compreso come la Seconda guerra mondiale sia terminata da un pezzo e non vi sia alcuna rivincita da pretendere. Ho ascoltato tempo fa l’onorevole Lucio Toth e mi ha scosso il suo desiderio, esposto più volte, di conoscere il luogo dove sono sepolti i suoi parenti, uccisi nel ’45. Desiderio umanissimo e comprensibile, cui la pietà prima ancora che la politica dovrebbe dare risposta. Non credo siamo distanti da questo orizzonte. Non credo che i cultori del ricordo fine a se stesso potranno ancora tenere in scacco la storia e il futuro. Molto si è scritto su questi problemi nella relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, che ha concluso i suoi lavori proprio nel luglio di dieci anni fa. Una tale commissione non si nomina da sola, ma è stata costituita ufficialmente dai due governi, con l’approvazione delle più alte cariche dello Stato. Potremmo chiederci, allora, come mai il documento finale non sia stato diffuso e reso patrimonio comune, posto che faceva il punto su una delle situazioni più controverse ed era firmato dai migliori storici e studiosi dei due Paesi. Osservo che quel documento è stato sorprendentemente firmato da tutti i membri della commissione, mentre molti si attendevano una doppia relazione, una di maggioranza e un’altra di minoranza. Sembrava infatti impossibile il consenso che si è creato al termine dei lavori.
Il merito primo di quel documento è di avere messo nel contesto gli eventi; senza il contesto si può fare il tifo, si può avere una visione ma non “capire”. L’esame di quella stagione, per chi non sia animato da una lettura a priori degli eventi, disegna un percorso tortuoso in cui è difficile se non impossibile tracciare linee nette. A distanza di tanti decenni, ben comprendendo il senso e il valore della fierezza nazionale, forse è giunto il tempo anche per le nostre genti e i nostri territori di entrare nella “normale” dialettica europea. Anzi, è giunto il tempo di comprendere che siamo parte di un concerto, dove ciascuno suona la sua parte. In pace. Ce lo ha insegnato, con l’offerta del suo concerto, il maestro Riccardo Muti.
Tre presidenti riuniti da Muti nel segno dell’amicizia
Donatella Longobardi, «Il Mattino», 13/07/10
Tre Capi di Stato prenderan­no parte questa sera a Trie­ste al «Concerto dell’Amici­zia» ideato da Riccardo Muti, mani­festazione che chiude anche quest’anno il Ravenna Festival. Giorgio Napolitano, il croato Ivo Jo-sipovic e lo sloveno Danilo Turk se­guiranno l’evento in piazza Unità d’Italia «consapevoli – hanno scrit­to in un comunicato congiunto -dell’alto messaggio di pace e fratel­lanza di cui è portatrice l’iniziativa». Dopo il concerto di ieri al Palade-andré di Ravenna, oggi Riccardo Muti ripeterà il programma a Trie­ste con trecentosessanta musicisti. Il maestro dirigerà i tre inni naziona­li, poi il Requiem di Cherubini e bra­ni di autori delle due nazioni ospiti. Radi otre trasmetterà il concerto in diretta, Raiuno realizzerà uno spe­ciale a cura di Bruno Vespa che sarà
trasmesso il 29 luglio in seconda serata. E, come sempre nei concerti che caratterizzano il progetto delle Vìe dell’Amicizia del Ravenna Festi­val – che dal 1997 ha toccato città simbolo delle tragedie del Nove­cento come Beirut, Gerusalemme e Sarajevo – Muti guiderà una com­pagine di musicisti con esponenti dei Paesi ospiti. Un’unione dal for­te valore simbolico cui faranno da contraltare la politica e la diploma­zia. I tre presidenti deporranno co­rone di alloro in due luoghi simbo­lo delle tragiche vicende di cui Trie­ste è stata teatro: il monumento all’esodo dalle terre natali di istria­ni, fiumani e dalmati e l’ex Narod-ni Dom, la casa del popolo slovena incendiata esattamente settant’an­ni fa, il 13 luglio del 1920, episodio ritenuto dagli sloveni triestini l’ini­zio della persecuzione fascista nei loro confronti.
«Con la nostra presenza – hanno affermato i tre Capi di Stato – inten­diamo testimoniare la ferma volontà di far prevalere quello che oggi ci unisce su quel che ci ha dolorosa­mente diviso in un tormentato peri­odo storico, segnato da guerre tra Stati ed etnie. Di qui il nostro impe­gno a coltivare sempre il rispetto dei diritti di tutte le minoranze. Il nostro sguardo è volto all’avvenire che, con il decisivo apporto delle ge­nerazioni più giovani, vogliamo e possiamo edificare in un’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione». Il comunicato congiunto spazza via le polemiche della vigilia. Il sot­tosegretario all’Ambiente Roberto Menia (Pdl, ex An) nei giorni scorsi aveva protestato perché i tre presi­denti non avevano incluso nei loro omaggi anche una visita alle foibe di Basovizza, monumento naziona­le che ricorda gli oltre dodicimila italiani massacrati dai miliziani del maresciallo Tito.
Un concerto a Trieste per ricominciare
«Il Riformista», 13/07/10
Oggi Trieste sarà teatro di un avvenimento che non si verificava da diversi decenni. Grazie all’iniziativa e sotto la direzione di Riccardo Muti la città ospiterà il concerto “Le vie dell’amicizia”, che darà modo ai presidenti di Italia, Slovenia e Croazia, rispettivamente Giorgio Napolitano, Danilo Türk e Ivo Josipovic, di incontrarsi per la prima volta dai tempi dell’ultima guerra. I tre Capi di Stato renderanno omaggio al Narodni dom – letteralmente casa del popolo o casa nazionale, un tempo sede delle organizzazioni degli sloveni triestini – luogo simbolo della minoranza slovena, e al monumento degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Il Presidente Napolitano ha personalmente concordato con il presidente sloveno Türk perché nella visita si possa concretizzare qualche cosa che sicuramente consoliderà quest’amicizia tra i tre Paesi – commenta il ministro degli esteri. Franco Frattini, in un’intervista al «Piccolo» – «Non possiamo non cogliere l’occasione per rievocare un momento triste, difficile della storia degli sloveni, ma ci sono altrettanti momenti tristi degli esuli italiani e quindi il giusto equilibrio è stato trovato».
Ma non tutti sembrano essere d’accordo e le polemiche non mancano. In particolare quelle degli esuli italiani istriani e dalmati, di cui si è fatto portavoce il sottosegretario Pdl, Roberto Menia, definendo assolutamente ipocrita la scelta dei tre capi di stato di rendere omaggio solamente all’Hotel Balkan e al monumento all’Esodo, ma non alle Foibe di Basovizza. Queste sono «il simbolo della tragedia degli italiani trucidati nel 1945 dai titini sloveni e croati». La speranza pero e che proprio questo concerto segni l’inizio di una nuova stagione politica tra i Paesi. Siamo «consapevoli – hanno affermato i tre presidenti in una dichiarazione congiunta – dell’alto messaggio di pace e fratellanza di cui è portatrice l’iniziativa». I Capi di Stato, inoltre, hanno assunto un impegno «a coltivare sempre il rispetto dei diritti di tutte le minoranze». In sostanza, Italia, Slovenia e Croazia non dimenticano le tragedie del recente passato, ma sono impegnate a guardare all’avvenire in un quadro generale di riferimento che è costituito dall’Europa unita.
Primo passo verso la riconciliazione
Dario Saftich, «La Voce del Popolo», 13/07/10
Il vertice di riconciliazione tra i Capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia è un evento storico, che è stato a lungo auspicato anche dalla comunità nazionale italiana, con la speranza che possa contribuire a chiudere con gesti simbolici le dolorose pagine del passato e a guardare con più serenità al futuro. Tra gli altri al Concerto dell’Amicizia a Trieste sono stati invitati anche il presidente dell’Unione Italiana e deputato della CNI al Sabor, Furio Radin, e il presidente della Giunta esecutiva dell’UI, Maurizio Tremul.
GRANDI GESTI SIMBOLICI – Furio Radin, che si recherà a Trieste assieme alla delegazione che accompagnerà il presidente croato Ivo Josipovi?, ha definito quello odierno «un evento importante di grande significato soprattutto perché guarda al futuro, senza però dimenticare le tragedie del ventesimo secolo. Questo evento promosso da Riccardo Muti è a mio avviso un’ode ai giovani che rappresentano il futuro, ma non un futuro qualsiasi, bensì un futuro di pace perché il ventunesimo secolo deve essere molto diverso dal secolo passato. Di Muti e della sua musica è stato detto ormai tutto. Io aspetto con impazienza di riascoltarlo dopo aver avuto la fortuna di ascoltare la sua musica all’Arena di Pola. Il coro, formato da italiani, croati e sloveni, assume pure una valenza simbolica e sicuramente susciterà grandi emozioni in piazza Unità. L’incontro odierno si configura come il primo passo verso la riconciliazione, che io spero in un prossimo futuro si compia con grandi gesti simbolici e cercando di fare almeno un po’ della giustizia che la nostra gente esodata da sempre merita, senza dimenticare naturalmente le vittime del fascismo che hanno il medesimo diritto di essere ricordate. Io vedo questo concerto con i tre presidenti e la posa delle corone d’alloro in ricordo della tragedia dell’esodo e dell’incendio del Narodni dom, come un monito perché ciò non succeda mai più e come un progetto per un futuro senza totalitarismi», ha concluso il presidente dell’Unione Italiana.
«COSTRUIRE ELEVATI VALORI DI CONVIVENZA» – «Grazie a Dio, con il linguaggio della musica inizia forse a Trieste un importante percorso che potrà dischiudere una fase realmente nuova nei rapporti tra i nostri tre Paesi», ha sottolineato Maurizio Tremul. L’auspicio del presidente della Giunta esecutiva dell’UI è che i tre Paesi, traendo ispirazione dalla lezione della storia «sappiano poter costruire nuovi e più elevati valori di convivenza, collaborazione e fraternità, per un percorso di pace e di crescita di un territorio storicamente plurale, che vuole assumere un ruolo significativo nella nuova Europa».
Ansa su Dipiazza
ANSA, 14/07/10
Trieste – «Durante l’esecuzione degli inni nazionali ho pianto. È stato emozionante, finalmente non siamo più prigionieri del Novecento»: sono le prime parole del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, al termine del Concerto dell’amicizia di Riccardo Muti, la cui orchestra ha suonato in piazza dell’Unita’ d’Italia davanti ai capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia. In una piazza colma di migliaia di persone, l’esecuzione degli inni, per primo quello italiano, poi quello sloveno e infine quello croato, è stata applaudita con forza dalla platea. Dipiazza ha voluto sottolineare il momento storico e ha annunciato che il maestro Muti sarà nominato cittadino onorario di Trieste. Dipiazza ha anche raccontato un aneddoto curioso della cena con i Presidenti Giorgio Napolitano, Danilo Türk e Ivo Josipovic. Alla “proposta” di Dipiazza di uscire sul balcone dei saloni della Prefettura che si affaccia sulla piazza, Napolitano – ha riferito Dipiazza – ha risposto ironicamente, sottolineando che «non porta così bene…».
Ansa su Tondo
ANSA, 14/07/10
«È stato un successo, un evento storico, senza contestazioni, condiviso da migliaia di persone»: lo ha detto il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, al termine del concerto “Le vie dell’amicizia” a Trieste, con il maestro Riccardo Muti e i Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia. «L’evento di questa sera – ha sottolineato Tondo – si legge con la consapevolezza del passato, la volonta’ del presente e la speranza di essere costruttori di un futuro di progresso». «Italia, Slovenia e Croazia, per mano dei loro Presidenti – ha aggiunto Tondo – hanno scritto a Trieste una nuova pagina nel libro della storia di queste terre. Luoghi di incontri e scontri, che nel corso dell’ultimo secolo hanno vissuto tragedie note e sconosciute, che hanno visto morte e disperazione nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, nei villaggi bruciati, nelle case abbandonate, nelle foibe e in luoghi rimasti anonimi di altre guerre. Luoghi dove è maturata una nuova coscienza che oggi guarda ad un’unica cittadinanza europea». «Chi ha vissuto a Trieste e Gorizia negli anni seguenti la Seconda Guerra Mondiale e ha visto questa sera i tre Presidenti davanti al palco dal quale si innalzava il concerto “Le vie dell’Amicizia” – ha continuato Tondo – ha avvertito l’emozione e lo stupore per il cammino fatto dalla storia con le gambe e l’animo anche della nostra gente». «Il Friuli Venezia Giulia – ha ricordato Tondo – ha accompagnato quel cammino con il proprio impegno nei rapporti con gli Stati vicini, nel rafforzamento dei legami tra le genti delle regioni di Alpe Adria e nella preparazione di concreti programmi comuni nella prospettiva dell’Euroregione». «Ringrazio il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che ha voluto e preparato assieme al maestro Riccardo Muti questa serata nella quale – ha concluso Tondo – la stretta di mano dei tre Presidenti conferma la bontà del cammino fatto dal Friuli Venezia Giulia e che intendiamo proseguire».
Comunicato di Lucio Toth, Presidente nazionale ANVGD
ANVGD on-line ‹www.anvgd.it›, 14/07/10
È difficile valutare a caldo, con l’entusiasmo con cui il popolo triestino ha partecipato al Concerto diretto da Riccardo Muti in Piazza dell’Unità d’Italia, la portata effettiva dell’evento. Piazza Unità è il simbolo dell’italianità triestina e giuliana. In quella folla c’erano centinaia, forse migliaia di esuli istriani, dalmati e fiumani, i figli della Diaspora del Novecento, oggi cittadini di Trieste. Difficile contarli. Sono come le tessere di un mosaico, il dono che la città di Ravenna – custode delle spoglie di Dante – ha fatto a Trieste, in nome dell’antica Koiné dei tempi in cui tutto l’Adriatico era una cosa sola da Ravenna a Venezia, ad Aquileia a Parenzo, a Pola, a Salona e Spalato. Sul mosaico sono rappresentate tre onde: tre nazioni che si affacciano sul nostro mare. È ora che ne prendano coscienza tutti, anche chi viene dalle valli delle Alpi: una coscienza profonda che superi gli avvenimenti tragici del Novecento.
Non credo infatti che l’evento di ieri sia una pietra sul passato, come ritiene chi non vede oltre la punta del Golfo. Al contrario è una finestra aperta sulla grande storia delle nostre terre, fatta di ideali e di eroismi portati all’estremo, con quella consequenzialità delle genti forti e fiere di se stesse e del proprio passato. «Ai 350.000 ESULI ISTRIANI FIUMANI E DALMATI» è l’omaggio davanti al quale si sono inchinati Napolitano, Josipovi? e Türk. È la prima volta che succede. È un nuovo ciclo che si apre nella storia dell’Adriatico. Dipenderà da tutti saperne trarre profitto sul piano politico concreto. Le battaglie di retroguardia sono proprie di chi fissa la poppa e non guarda la prua della nave, trascinando l’ancora sui fondali. Trieste vuole avere il vento nelle vele e la prua verso l’avvenire.
Trieste, i presidenti di Italia, Croazia e Slovenia al concerto di Muti
Gabriella Ziani, «Il Piccolo», 14/07/10
TRIESTE – Un rito, con le sue delicate implicazioni, oppure un dono? C’era da chiederselo, ieri sera in piazza Unità, fra diecimila persone tra i seduti e i transennati (stime fornite dal Comune), mentre davanti ai tre presidenti, con Italia, Slovenia e Croazia sedute fianco a fianco in prima fila, Riccardo Muti ha alzato la bacchetta e i 360 giovani musicisti e coristi hanno dato fuoco agli inni nazionali, e poi alle partiture firmate da autori delle tre nazioni. E quando, alla fine, Muti stesso ha invitato Napolitano, Türk e Josipovic a salire sul palco per salutare i ragazzi. E quando i tre presidenti ci sono effettivamente andati, dando la schiena alla piazza, una piazza blindata e sorvegliatissima. E quando infine hanno affettuosamente salutato il Maestro, che, in inglese, ha voluto dar loro un compito: «Spero che quello che noi abbiamo fatto stasera con questi giovani possiate portarlo avanti voi, ma sempre con i giovani».
Applausi, applausi, applausi. All’arrivo e all’uscita dei tre presidenti, all’apparire di Muti sull’immenso palco, all’entrata a uno a uno degli orchestrali e dei coristi, dopo ciascun inno, dopo ogni brano, e anche in mezzo quando in aria si è issata la dolce e forte musica di Cherubini. Mentre le vele passavano sul mare (col permesso, infine, di tenersi a 100 metri dalla riva), anche il cielo si è per così dire trattenuto. Dieci minuti dopo la fine del concerto, dell’evento, e di tutto, si è scatenato il putiferio del maltempo, quasi una tromba d’aria. Anche il meteo è andato a cronometro. Napolitano, assieme a Türk e a Josipovic, è sceso dalla Prefettura alle 21.15. Nel parterre, tra il sindaco Dipiazza, la presidente della Provincia Bassa Poropat, il senatore Roberto Antonione, il presidente della Rai Paolo Garimberti, il direttore di Raiuno Mauro Mazza, il giornalista Bruno Vespa, tantissimi altri invitati eccellenti, tra cui il vescovo Giampaolo Crepaldi, Riccardo e Rossana Illy, il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani col presidente della Regione, Renzo Tondo, il presidente del Porto Claudio Boniciolli, il sindaco di Udine Furio Honsell, ambasciatori delle varie nazioni.
«Questi giovani si sono incontrati in uno spirito di assoluta fratellanza, comprensione e amore, uniti dalla volontà di avere un futuro dove orrori, guerre, tragedie scompaiano – aveva detto Muti nel pomeriggio in una conferenza stampa -. Lo spirito dell’uomo è molto più ragionevole, travalica le possibilità della parola, col sentimento si raggiungono obiettivi che le parole non sono capaci di ottenere. Ma col concerto – ha aggiunto Muti senza mai addentrarsi nella storia ”politica” della vigilia triestina – noi non risolviamo ciò che deve essere sedato negli animi, noi non cancelliamo dolori o colpe, invitiamo solo a guardare al domani con spirito nuovo, i giovani dimostrano in modo esemplare che è possibile. E niente può arrestare la forza della gioventù». Un po’ di leggerezza, infine: «I ragazzi – ha sorriso Muti – hanno fatto subito amicizia, a Ravenna hanno anche mangiato la pizza assieme. La pizza è italiana, che ci possiamo fare, non conosco quella slovena…». E il risultato politico? I tre presidenti a Trieste per la prima volta assieme? «Io non mi faccio carico di onori che non merito – ha risposto Muti – il primo riconoscimento va ai presidenti, e al presidente Napolitano in primo luogo, che ha preso subito molto a cuore l’idea».
Tanti e intensi, i ricordi delle precedenti «Vie dell’amicizia», in città del mondo dove morti, odio e lutti erano ben che recenti, se non addirittura presenti: «Ogni concerto ha una sua storia – ha rammentato Muti -, la prima volta a Sarajevo nel 1997 fu drammatico, arrivammo con aerei militari, sotto le bombe. Ma la città chiedeva a braccia aperte che arrivasse qualcuno ad aiutare chi voleva esistere. A Gerusalemme ci fu la Messa da Requiem di Verdi con israeliani e palestinesi, e a New York subito dopo “G round Zero” uomini e donne con le foto di figli e fratelli uccisi. Tutti i concerti si sono conclusi col sorriso».
Anche quello di ieri, in una compostezza intensa e partecipe. Con un sorriso Muti ha però anche rivelato il suo personale e ineludibile inciampo nel groviglio del confine orientale: «In quale ordine suonare gli inni? Ci ho pensato molto. Nella disperazione, ho perfino pensato di fare un mio arrangiamento mescolandoli assieme, ma sarebbe stato improponibile. Allora, siccome l’idea è partita da Ravenna, da me, ho dato precedenza all’inno italiano, e ho proseguito in senso orario, poi Slovenia e quindi Croazia». In linea dritta, invece, la scelta delle musiche. Il Requiem di Cherubini che nel 1816 dissolse in musica il lutto e la tragedia della morte violenta dei reali di Francia ieri si è innalzato nel cuore di Trieste «per dare pace e riposo – ha detto Muti – a tutti i morti, a chi ha sofferto, ha subìto tragedie, perdite, fratricidi».
Napolitano, Türk e Josipovic seppelliscono le ferite
Roberta Giani, «Il Piccolo», 14/07/10
TRIESTE – È un quaderno grigio e nero, acquistato quasi alla spicciolata da “Smolars”, ma si conquista un pezzettino di Storia: Giorgio Napolitano, Danilo Türk e Ivo Josipovic vi affidano una dedica. La dedica dell’amicizia. Quella che rimargina, dovrebbe, le tante, troppe ferite del Novecento. Scrive l’italiano: «Rendiamo omaggio alle vittime degli odi del passato e celebriamo il nostro comune impegno per la pace e l’amicizia tra i nostri popoli». Scrive lo sloveno: «Oggi apriamo un nuovo capitolo della Storia. Ci siamo lasciati alle spalle un periodo di violenza iniziato novant’anni fa. E davanti a noi c’è un futuro comune basato sui diritti umani e su un percorso europeo». Scrive il croato: «L’amicizia tra le genti e i popoli è più forte del Male che si manifesta più volte nella Storia. Dobbiamo saperlo riconoscere, il Male, per sconfiggerlo. Ma i popoli croato, sloveno e italiano sanno farlo e, con fiducia, guardano al comune futuro europeo». Marino Marsic, il custode temporaneo di quel quaderno ormai libro d’onore, legge e rilegge la dedica congiunta. E si emoziona: «L’hanno vergata nell’atrio dell’ex Narodni dom, uno dopo l’altro, su un’unica pagina». Unica come la bacchetta di Riccardo Muti che propizia la ”magia”: i presidenti di Italia, Slovenia e Croazia insieme, a Trieste, a compiere un gesto simbolico che sembrava impossibile. Quanti tentativi falliti, quanti ostacoli.
E Napolitano, non appena mette piede nella città “cara al cuor” degli italiani, lo ammette: «C’è costata parecchia fatica. Abbiamo dovuto superare malintesi e preoccupazioni da ambo le sponde ma, credo, ci siamo riusciti». Non sbaglia: il “concerto” dei tre presidenti, su uno spartito ossessivamente limato, non stecca. E lo striscione pacifico di Samo Pahor, il grido isolato contro gli “infoibatori”, il dissenso aperto di Roberto Menia, le assenze del centrodestra triestino e gli attacchi sul ”Delo”, scivolano via. «Polemiche non rilevanti» minimizzerà Josipovic. Nel gran giorno, il presidente italiano arriva per primo. E, subito, dà il la: «Non possiamo essere prigionieri del passato come lo siamo stati in tutti questi anni. Il nostro dovere è guardare avanti». La memoria, sia chiaro, si coltiva: e Napolitano ricorda le celebrazioni al Quirinale del “Giorno del ricordo”, il suo omaggio alle vittime delle foibe e dell’esilio, la sua umana partecipazione.
Ma, al tempo stesso, insiste: «Oggi i nostri tre Paesi si ritrovano accomunati nell’Unione europea. Italia e Slovenia ne fanno parte, speriamo che la Croazia entri presto, ma dobbiamo saper costruire un clima di collaborazione operosa di cui già esistono tutte le condizioni e che spero riceva impulso dal grande evento dovuto all’i niziativa di un grande musicista italiano». Poi, dopo la festa alla Sissa, il presidente si reca in prefettura. Aspetta i suoi ospiti: Josipovic e Türk arrivano, a distanza di cinque minuti, puntualissimi. All’ora dell’aperitivo. Salgono nel palazzo che dà su piazza Unità d’Italia. E, con il “padrone di casa”, si stringono subito le mani. Le alzano in alto come tre calciatori con la “Coppa” più preziosa. Si ritagliano un breve colloquio in inglese: «Abbiamo parlato del futuro» dirà Türk. Poi, in pullmino, raggiungono la prima tappa del viaggio simbolico di riconciliazione: l’ex Narodni Dom, l’ex casa del popolo incendiata novant’anni fa e assurta a simbolo sloveno dell’inizio delle persecuzioni fasciste, oggi “casa” della scuola interpreti e traduttori. Il corteo è lungo: arrivano Roberto Dipiazza, Maria Teresa Bassa Poropat, Renzo Tondo, Edouard Ballaman e tanti deputati del centrosinistra. Scendono i tre presidenti e incassano un primo, lunghissimo applauso: il caldo è africano eppure in tanti, e tanti della minoranza slovena, battono le mani. Napolitano, Türk e Josipovic assistono alla deposizione della corona di fiori rossi e bianchi, la sfiorano, in un muto omaggio. Entrano nel palazzo, stringono mani, scrivono la dedica.
Dieci minuti. Poi, ancora in pullmino, fanno pochi metri e toccano la seconda tappa: il monumento in pietra di piazza Libertà in ricordo dell’esodo dei 350mila italiani istriani, fiumani e dalmati. Lì, davanti a quella che Menia ha definito «un’ex centralina elettrica», c’è poca gente. Mancano gli esuli: «Non voglio commentare la loro assenza. Ma io non posso non esserci quando si rende onore alla tragedia dell’esodo» dichiara, a caldo, Furio Radin, il deputato italiano al parlamento croato. Il cerimoniale procede: i presidenti sfiorano nuovamente la corona in un omaggio nuovamente muto. I giornalisti incalzano, chiedono un commento: «Certi gesti parlano da soli. Sono i gesti di amicizia tra i nostri tre Paesi» dice, semplicemente, Napolitano. Il corteo torna in prefettura. Ma non è finita. Türk e Josipovic, prima della cena di gala dove gusteranno tagliolini all’astice e branzino al sale inaffiati da Friulano e Sauvignon, scendono in piazza. E stavolta, quasi in contemporanea all’arrivo di Muti e dei 360 giovani musicisti che provano i tre inni, rompono il silenzio. «È una giornata importante nel segno dell’amicizia. È ora di aprire un nuovo capitolo e guardare avanti nel ricordo delle tante vittime del passato» afferma il presidente sloveno. E le polemiche? I nuovi gesti simbolici ancor più forti come quello alle Foibe a gran voce invocato? «Non credo sia giusta un’inflazione di gesti simbolici. Ora si deve guardare avanti». Il presidente croato, a pochi metri, esalta una giornata «storica»: «È ora di rimarginare le ferite del passato e guardare insieme al futuro in Europa». Quell’Europa che Josipovic spera d’agganciare prestissimo: «Cercheremo di chiudere i negoziati entro l’anno. E, tenendo i piedi per terra, contiamo d’e ntrare all’inizio del 2012. Se è prima, meglio». Adesso, però, è davvero finita: i tre presidenti cedono la scena al concerto. E al Maestro che l’ha voluto.
E il Centrodestra lascia Dipiazza da solo
Piero Rauber, «Il Piccolo», 14/07/10
TRIESTE – «Trieste non è più prigioniera del suo passato, ha seppellito il Novecento. Ho avvertito un grande entusiasmo tra la folla. È un’enorme soddisfazione per un sindaco che era partito dal prendere pietre in Risiera (il riferimento è al 25 Aprile 2003, ndr) ed è arrivato al trionfo di oggi (ieri, ndr). Ho sempre giurato che avrei lavorato per la pacificazione, ci sono riuscito». Ma gli assenti? «Quelli hanno sempre torto».
A Roberto Dipiazza luccicavano gli occhi, ieri, mentre se ne stava ad ossequiosa distanza dai tre presidenti che rendevano omaggio prima alla targa di via Filzi e poi a quella di piazza Libertà. Non s’è curato di quegli assenti. Una collezione non indifferente, tutta da una sola parte della barricata politica. La sua. A parte le presenze istituzionali del sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, del governatore Renzo Tondo (per il quale è «sbagliato giudicare il passato con gli occhi del presente») e dei presidenti del Consiglio regionale Edouard Ballaman e del Consiglio comunale Sergio Pacor, il centrodestra non ha praticamente preso parte al doppio omaggio pomeridiano. I berluscones sarebbero ricomparsi alla sera per il concerto, al contrario degli ex An. Assenti. Si sono affidati a una dichiarazione «all’unisono»: «È stata sprecata un’altra occasione. In nome della musica, senza se e senza ma, si poteva guardare avanti rafforzando l’amicizia dei tre popoli senza assolutamente intaccare il giudizio storico di ognuno. Invece si è voluto guardare indietro, strumentalizzando la storia, di fatto “balkan-izzando” la manifestazione». Il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il leader morale degli ex missini di Trieste, è rimasto a Roma. «Come un normale martedì – ha precisato – sono stato alla Camera e in Commissione al Senato, ho avuto incontri al ministero e ho fatto pure una conferenza stampa».
Quella in cui ha detto, da finiano, che «Verdini e Cosentino farebbero bene a dimettersi», tanto per ricordare che lui le cose non ha paura di dirle. E infatti, ieri sera, non appena gli si chiedeva di commentare le dichiarazioni rilasciate al Piccolo dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, Menia ha colpito duro: «La verità è ben diversa da quella che viene dipinta imbellettata. Se Frattini vuole vendere quest’evento come un successo diplomatico, faccio notare che ci siamo fatti imporre la scaletta da Lubiana, hanno deciso tutto lì. Mi sia concesso il diritto di dissentire. Doveva essere un omaggio alla città, è diventata una rivendicazione nazionalistica slovena. Il Balkan l’hanno riempito per dimostrarlo, mentre era logico che al monumentino all’esodo ci andassero pochi». La sensazione che accomunava in effetti gli osservatori alla ripartenza dei tre presidenti da piazza Libertà era che l’accoglienza al Balkan fosse stata ben più calorosa (e numerosa). La maggior parte di quelli che erano qui, non si è trasferita di corsa lì.
E viceversa. In via Filzi c’era lo stato maggiore della minoranza. Davanti alla stazione il mondo degli esuli non s’è mostrato allo stesso modo, per il dispiacere a distanza del presidente nazionale dell’Anvgd, Lucio Toth, colui che con Milos Budin aveva lanciato l’i dea del compromesso poi accettato dalle diplomazie, per il quale comunque «da oggi (ieri, ndr) si può guardare indietro con serenità». Immediata la precisazione di Renzo Codarin, il capo dell’ Anvgd a Trieste, prima del finale in piazza Unità: «Non c’eravamo perché ci stiamo preparando al concerto, è lì che rendiamo omaggio alla giornata. Non abbiamo nemmeno pensato di andare alla deposizione, e la Prefettura non ce l’ha neppure consigliato. Posso assicurare che gli esuli sono molto più maturi di quanto pensi qualche loro organo o qualche politico». Il riferimento, all’Unione Istriani e Menia, non è puramente casuale.
Trojica predsjednika na koncertu prijateljstva
Damir Herceg, «Vjesnik», 14/07/10 (Croazia)
TRST – Predsjednici Hrvatske, Slovenije i Italije – Ivo Josipovi?, Giorgio Napolitano i Danilo Türk – susreli su se u utorak u Trstu, a povod je bio koncert »Putevi prijateljstva« na koji je trojicu državnika pozvao svjetski poznati dirigent Riccardo Muti. Koncert je nave?er održan na najve?em talijanskom trgu, “Piazza Unita d’Italia”, a muzicirali su mladi glazbenici iz triju susjednih država pod ravnanjem maestra Mutija. Pratilo ga je više tisu?a gra?ana, a Muti je dirigirao s 350 glazbenika me?u kojima su nastupili i glazbenici s glazbenih akademija iz Zagreba i Ljubljane te zbor s talijanskim i hrvatskm pjeva?ima. Nakon razgovora trojice predsjednika Josipovi? je novinarima kazao kako ?e «povijest re?i da li je to bio povijestan susret». «U svakom slu?aju bio je od iznimne važnosti jer se upravo na ovakav na?in po prvi put ozna?ila i iskazala želja za jednim novim po?etkom», kazao je Josipovi? te naglasio kako se na sastanku govorilo o budu?nosti, prijateljstvu i suradnji Hrvatske, Italije i Slovenije. Dodao je da se raspravljalo i o povijesti te da su utvrdili ono što je u njoj bilo loše. »Poviješ?u se ne trebamo optere?ivati. Ovdje treba izvu?i pouke ali treba ujedno nastaviti dalje gledaju?i u budu?nost«, naglasio je Josipovi?.
Na upit novinara o navodnih 350.000 tisu?a izbjeglica iz Rijeke i RH, Josipovi? je kazao da brojke treba ostaviti povjesni?arima, da ono što je bilo nije bilo dobro, ali da politi?ati trebaju za narode stvarati bolju budu?nost. Slovenski, pak, predsjednik Türk kazao je kako Slovenija, Hrvatska i Italija imaju tri zada?e – tj. zajedni?ku brigu o manjinama. Napomenuo je kako ?e i Hrvatska uskoro biti ?lanica EU-a te da sada treba otvoriti novo poglavlje u zajedni?koj budu?nosti, uz puno poštovanje prema žrtvama. Talijanski predsjednik Napolitano nije dao izjavu za novinare. zajedni?koj, pak, izjavi javnosti trojica predsjednika naglasila su kako je došlo vrijeme da se objektivno sagledaju tragi?na zbivanja iz povijesti triju zemalja, koje se zajedno trebaju okrenuti budu?nosti. Naveli su i kako se ovim trš?anskim susretom želi potvditi ?vrsta želja za prevladavanjem onoga što se dogodilo u prošlosti, i nad onim što ih je dijelilo u teškom povijesnom razdoblju obilježenom ratovima država i naroda.
Ina?e, prije koncerta trojica predsjednika sudjelovali su u kratkim ceremonijama prisje?anja na tragi?ne doga?aje iz prošlosti. Položili su lovorov vijenac na zgradu bivšeg slovenskog Narodnog doma, simbol slovenskog stradavanja, koji je spaljen do temelja 13. srpnja 1920. te na «Spomenik egzodusu» koji simbolizira masovno iseljenje Talijana iz Istre, Rijeke i Dalmacije. Prilikom polaganja vijenca na «Spomenik egzodusu» dogodio se incident kada je muškarac iz mase povikao «Assasini» («Ubojice»), kojega su odmah priveli policajci u civilu. «Mislim da se moglo primijetiti da je bilo iznena?uju?e puno ljudi. To je puno važnije od sporadi?nih protesta i pojedina?nih provokacija», kazao je predsjednik Josipovi? komentiraju?i na zahtjev novinara taj eksces.
Tržaško sre?anje korak k spravi: Trije predsedniki skupaj položili venec pred simbol slovenstva
Ranka Ivelja – Blaž Petkovi?, «Dnevik», 14/07/10 (Slovenia)
Trst – «Sprava po Mutijevih notah,» «Trst bo obrnil novo stran», «Zgodovinski trenutek za tri narode» – to so nekateri naslovi v italijanskem ?asopisju, ki so v?eraj napovedali dogodek brez primere: trije predsedniki držav, Danilo Türk, Giorgio Napolitano in Ivo Josipovi?, so na prvem sre?anju v zgodovini vseh treh držav skupaj položili venec k spominski tabli na pro?elju Narodnega doma, kulturnega in gospodarskega središ?a tržaških Slovencev, ki so ga pred 90 leti brutalno požgali fašisti, in k spominski ploš?i beguncem iz Istre, Reke in Dalmacije na Trgu svobode. Predsedniki so se po spominskih slovesnostih, pogovoru na prefekturi in ve?erji, ki jo je priredil Napolitano, skupaj udeležili koncerta prijateljstva, ki ga je na osrednjem tržaškem trgu Trgu edinosti pripravil priznani italijanski dirigent Riccardo Muti, ki je bil tudi pobudnik sre?anja v Trstu.
Strogi varnostni ukrepi
?eprav med Trža?ani v?eraj ni bilo ?utiti posebnega vznemirjenja, pa so strogi varnostni ukrepi dajali slutiti, da incidenti niso izklju?eni. Po nekaterih podatkih je za varnost predsednikov in vabljenih 1500 gostov skrbelo okoli 300 policistov, ki so prišli tudi iz Padove in Gorice, 150 mestnih redarjev in približno sto varnostnikov vseh treh predsednikov. Ves ?as obiska je Trst preletaval policijski helikopter, na strehah pa so dogajanje spremljali ostrostrelci. Za prvi incident, ki ni zahteval policijskega posredovanja, je poskrbela skupina kakšnih tridesetih pripadnikov skupine ekstremne desnice pod vodstvom Renza Davidovicha, ki je opoldne pred spominsko ploš?o Narodnega doma položila venec v spomin na leta 1920 ubitega demonstranta, a so ga takoj zatem varnostniki odstranili. Po mnenju tako slovenskih kot italijanskih zgodovinarjev so fašisti omenjenega demonstranta ubili namenoma, da bi tako upravi?ili požig Narodnega doma. Do manjšega incidenta je prišlo tudi ob prihodu predsednikov pred spominsko ploš?o ezulom, ko so policisti zaradi glasnega vpitja «Infoibatori, assassini!» odstranili starejšega moškega.
Predsedniki so se v Trstu sre?ali tudi s predsednikoma krovnih organizacij manjšine SKGZ in SSO Rudijem Pavši?em in Dragom Štoko. V izjavi dobrodošlice sta spomnila na «nepopisno sovraštvo» in «zlo?insko roko», ki je sežgala tako pomembno poslopje za Slovence, s ?imer se je za?elo «najtemnejše poglavje naše zgodovine: s pregoni, obsodbami na smrt in kon?no z vojno». Pavši? in Štoka sta izrazila prepri?anje, da predsedniško sre?anje odpira nov in skupen prostor miru in blagostanja, katerega del je prijateljstvo med tremi državami.
Precej druga?e pa v?erajšnje dogajanje ocenjuje enfant terrible manjšinske politike prof. Samo Pahor: «Prav ni? ne verjamem v dobre namene italijanske politike. Ne verjamem niti, da je dirigent Muti datum koncerta – 13. julij – izbral po naklju?ju. Gre za spretno manipulacijo italijanske diplomacije, ki je dosegla, da so predsedniki po protestih desnice (ta je hotela, da se predsedniki poklonijo žrtvam fojb) pristali na “kompromisni” predlog – polaganje venca 350.000 beguncem, kot piše na obeležju.» Pahor je prepri?an, da bo ?ez ?as obveljalo, da sta slovenski in italijanski predsednik pritrdila tem številkam, ki so po mnenju tako slovenskih kot nekaterih tujih zgodovinarjev mo?no pretirane. Beguncev je bilo namre? okoli 200.000. Podobno meni tudi ugledni tržaški zgodovinar Jože Pirjevec, ki sicer sre?anje tako kot ve?ina Slovencev v Trstu ocenjuje optimisti?no, saj naj bi Napolitano kot prvi italijanski predsednik na nek na?in priznal zlo?ine fašizma v 20. in 30. letih prejšnjega stoletja. Tudi Pirjevca skrbi, da bo gesta pietete Türka in Josipovi?a do jugoslovanskih beguncev «izrabljena v politi?ne namene». Pahor gre še dlje in trdi, da bi o resnih spravnih prizadevanjih italijanske strani lahko govorili le, ?e bi se Napolitano opravi?il za svoje izjave izpred dveh let, v katerih je omenjal krvolo?nost Slovanov in slovanski ekspanzionizem, in ?e bi zakonska dolo?ila o zaš?iti dosledno izvajali.