Scritto da Stefano Lusa
Si sapeva che la stagione turistica sarebbe stata dura e che si sarebbe dovuto lottare per accaparrarsi l’ultimo villeggiante. Così Slovenia e Croazia hanno polemizzato anche a causa dei cartelloni pubblicitari. A partire da una campagna promossa in Serbia nella quale l’ente turistico sloveno pubblicizzava «il mare europeo più vicino». Abbiamo calcolato – hanno spiegato a Lubiana – che partendo da Belgrado si impiegano otto minuti in meno per arrivare a Portorose, rispetto alla località di mare greca più vicina. La cosa però è stata presentata come una provocazione bella e buona sui media croati, considerato che stava imperversando la polemica sullo stop imposto da Lubiana al cammino europeo di Zagabria. In ogni modo al di là delle inimicizie provocate dalla dissoluzione della Jugoslavia e dalle sanguinose guerre balcaniche oggi i turisti serbi fanno gola sia agli sloveni sia ai croati.
Non è la prima volta, comunque, che le campagne pubblicitarie slovene fanno andare in bestia le altre repubbliche dell’ex Jugoslavia. Era accaduto anche a metà degli anni Ottanta, quando l’ente per il turismo sloveno lanciò lo slogan pubblicitario: «Slovenia, la mia patria». Il messaggio capeggiava su manifesti e cartoline che presentavano idilliaci paesaggi. All’epoca venne anche ideato come emblema la foglia di tiglio, che divenne una sorta di stemma alternativo rispetto a quelli ufficiali dell’allora repubblica socialista e che fu uno dei simboli dell’indipendentismo sloveno. Quella campagna pubblicitaria suscitò più di qualche perplessità nella federazione, ma la leadership politica repubblicana, pur rendendosi conto della potenzialità eversiva di quei messaggi, lasciò fare. La stagione turistica slovena, quest’anno, era iniziata in sordina. A giugno il calo delle presenze era stato dell’11%. A luglio e nella prima metà di agosto, invece, sembra stia andando addirittura meglio dello scorso anno. A salvare la stagione, però, non sarebbero i turisti stranieri, bensì quelli sloveni, che sono aumentati del 25%. Riempire i 42 chilometri di costa, comunque, non sembra un’impresa epica.
Le località balneari slovene per il momento non paiono offrire molto al turista. La costa, per la sua configurazione da più la sensazione di essere al lago che di essere al mare. La località più rinomata è Portorose, un centro noto già ai tempi dell’Austria – Ungheria, ma che si è sviluppato molto negli anni Settanta ed Ottanta. Oggi nell’immaginario collettivo è il posto più esclusivo per le vacanze al mare in Slovenia. Una lunga spiaggia di cemento, un po’ di sabbia, un po’ d’erba e tanti locali che richiamano idealmente il mediterraneo. Prezzi tutt’altro che popolari. La spiaggia è gratuita, ma si paga tutto il resto. Durante la settimana non c’è ressa, ma nei week end si riempie. Del resto venire anche dalla più remota località slovena fin sulla costa non è che questione di qualche ora di macchina.
Nei fine settimana, così, arrivano le famiglie con le loro borse frigo e coi sacchetti del supermercato, nonché molti giovani muniti di grosse scorte di birra ed altri intrugli a base di succo di frutta e superalcolici, che iniziano a tracannare sin dalle prime ore del mattino. Lo scorso anno la polizia aveva persino organizzato dei posti di blocco sulla strada all’uscita della spiaggia imponendo agli automobilisti la prova dell’etilometro. Del resto nel paese è ben presente la “cultura” del bere, per arginarla è stata persino approvata una legge che vieta la vendita di alcolici nei negozi dopo le 21. Era consuetudine, infatti, fare incetta di bevande nei negozi ancora aperti o nelle rivendite delle pompe di benzina. Adesso si risolve il problema acquistando gli alcolici prima del “coprifuoco”. Portorose, comunque, rimane il salotto buono della Slovenia al mare. La sera la sua promenade si riempie di gente vestita sin troppo elegantemente e di ragazzine che sembrano uscite da un video di MTV. Ai bordi delle strade macchine di grossa cilindrata tirate completamente a lucido. Del resto quella dell’automobile è una delle passioni degli sloveni, per cui sono disposti a fare ben più di qualche sacrificio. Insomma un cocktail che vorrebbe sembrare glamour e che appare pacchiano dando una sensazione di falso benessere. Gli operatori turistici locali sognano un turismo d’elite, ma devono accontentarsi di quello che arriva.
La meta preferita degli sloveni per le vacanze resta, comunque, la costa croata. Ogni estate migliaia di turisti provenienti dalla Slovenia invadono le spiagge del resto dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia. Quest’anno sono un po’ di meno del solito, a causa probabilmente dei difficili rapporti tra i due paesi. A luglio comunque gli sloveni erano gli stranieri più numerosi in Croazia e nei primi sette mesi, per numero di pernottamenti erano dietro soltanto ai tedeschi. Il ministro per il Turismo croato Damir Bajs così, non ha esitato a dire che proprio gli sloveni, assieme a tedeschi, italiani ed austriaci hanno salvato la stagione turistica croata. Per gli sloveni, come per il resto dei cittadini delle ex repubbliche jugoslave, la costa del mare Adriatico è considerata casa loro. É il luogo dove passavano le vacanze da piccoli, nei campeggi o negli appartamenti presi in affitto. I velati appelli dei politici, che si sono ripetuti negli anni, a boicottare le vacanze in Croazia, quindi, non hanno per ora fatto troppa presa. Quest’anno, comunque, i politici sloveni si sono ben guardati dal dire che avrebbero passato le vacanze in Croazia o lo hanno fatto a denti stretti.
Probabilmente ci sarebbe andato, più o meno in segreto, anche il premier Borut Pahor. Come molti sloveni la madre della sua compagna possiede una “vikendica” nei pressi di Salvore. Negli anni Settanta ed Ottanta, infatti, la penisola che chiude il golfo di Pirano è stata disseminata con minialloggi per le vacanze. La foto della “villa” di Pahor, che dalle immagini dovrebbe misurare poco più di due garage, è stata pubblicata da un giornale croato, e adesso per ragioni di sicurezza il primo ministro probabilmente dovrà trovare un altro posto dove andare al mare.
Fonte: Osservatorio Balcani, 14/08/09.