Fino al 2017, Mario ?uljak ed Andrea Frani? vivevano e lavoravano a Zagabria. Nella capitale croata avevano completato gli studi universitari – lui in giornalismo e informatica, lei in design – ed erano poi rimasti per cinque anni, avviando le proprie carriere. Tuttavia, il sogno di tornare un giorno a Plo?e, nel delta della Neretva, non li aveva mai abbandonati. In quella piana fertile, tra canali, frutteti e il profilo inconfondibile della Alpi dinariche, Mario e Andrea avevano passato gli anni dell’infanzia e si erano incontrati tra i banchi del liceo. «Ci mancava la natura e un ritmo di vita più lento», riassume Mario, seduto alla terrazza del café Sagena, che sovrasta il delta.
Cinque anni fa, questa giovane coppia ha lasciato Zagabria e si è trasferita 500 km più a sud. Il loro sogno nel cassetto è diventato Life & Ventures , un’agenzia che propone escursioni, viaggi nella natura e turismo attivo. Oggi, la loro occupazione principale sono i tour in kayak nei meandri del delta della Neretva. «Abbiamo iniziato comprando qualche kayak alla Decathlon», ricorda Mario divertito, «all’inizio usavamo la nostra macchina per trasportarli, qualche anno dopo abbiamo preso un furgoncino». Quest’estate marcherà la sesta stagione turistica per Mario ed Andrea. I loro tour sono ormai diventati parte integrante del paesaggio, tanto che a luglio ed a agosto, li si vede pagaiare ogni giorno con un gruppo diverso di viaggiatori.
La seconda vita del delta della Neretva
Fino a qualche anno fa, il delta della Neretva era associato in Croazia soprattutto con l’agricoltura. Da qui arrivano arance, mandarini, angurie e tanti altri prodotti che sono poi esportati in tutta la regione. Il turismo era poco sviluppato, a causa della competizione di vicini ingombranti e già ben posizionati sul mercato globale, come Ragusa/Dubrovnik a sud e la riviera di Makarska a nord. Ma negli ultimi anni, chi cerca un soggiorno o delle attività all’aria aperta lontano dalle folle di turisti sceglie proprio il territorio attorno a Plo?e e Metkovi?, per ora snobbato dai circuiti tradizionali. È la seconda vita del delta. Il pioniere di questa rinascita in chiave turistica dell’area è un 72enne pieno di energia e di idee: Pavo Jerkovi?.
Lo incontriamo nel suo regno, l’hotel e ristorante Villa Neretva, aperto negli anni Novanta. Anche quella di Pavo Jerkovi? è la storia di un ritorno. Nato a Ragusa nel 1950 e cresciuto nel delta, Jerkovi? è vissuto in Germania fino al 1990, quando ha deciso di tornare nei luoghi della sua infanzia. Nel 1996 ha iniziato ad interessarsi alla la?a, l’imbarcazione tradizionale del delta. «All’epoca ne erano rimaste meno di venti», ricorda il ristoratore. Oggi, dopo due decenni di promozione, «siamo arrivati a un centinaio». Utilizzata per trasportare nel delta i prodotti dell’agricoltura (e a volte anche il bestiame), la la?a è dal 1998 la star di una competizione annuale ideata da Pavo Jerkovi?: il « Maraton la?a ».
«Chiunque può partecipare», spiega Jerkovi?, «si tratta di una gara di 23,5 km tra Metkovi?, Opuzen e Plo?e e che si tiene ogni secondo sabato di agosto, anche se la festa dura in realtà una settimana, tra la gara di piazzamento, la maratona femminile, la festa con la musica…». Nel 2021, 36 squadre hanno partecipato alla competizione, per un totale di quasi 400 concorrenti, dato che ogni la?a conta dieci rematori, un timoniere e un capovoga che dà il tempo. La kermesse estiva ha trascinato con sé anche altre tradizioni locali, come il celebre «neretvanski brudet», il brodetto alla narentana, preparato con rane e anguille e piccantissimo, curiosa variante locale del brudet/brodetto/bourdeto che unisce il Mediterraneo.
Per Pavo Jerkovi?, che ama portare un foulard attorno al collo e una maglia a righe bianche e blu da marinaio, il delta della Neretva ha una storia gloriosa che merita di essere valorizzata. Seduti a tavola, parliamo di Narona, l’avamposto romano diventato oggi un museo vicino a Metkovi?, di Gabela, ovvero della dogana tra i territori ragusei e quelli bosniaci e ottomani nel Medioevo, e infine anche della ferrovia che, al tempo degli Asburgo, collegava Gabela e ?apljina a Ragusa e alle Bocche di Cattaro. Quella tratta, che fece parte nel tempo di cinque realtà statali diverse e fu dismessa dal 1976, è oggi coinvolta in un progetto europeo che la vorrebbe trasformare in una pista ciclabile attraverso l’Erzegovina.
Il ruolo centrale del delta della Neretva nelle storiche reti commerciali non è completamente svanito. Il porto di Plo?e è il secondo in Croazia per trasporto di merci e potrebbe ritrovare la sua utilità strategica con il completamento del corridoio europeo Vc, che dall’Adriatico porta a Sarajevo (il porto di Plo?e fu creato nel 1945 con l’intento di servire il mercato bosniaco). Dal punto di vista dei trasporti, invece, il paradossale isolamento del delta potrebbe finire quest’estate, con l’apertura al traffico del ponte di Pelješac in direzione di Ragusa. Fino ad oggi infatti, l’autostrada che scende da Zagabria s’interrompe proprio nei pressi di Plo?e. Per quanto riguarda il treno, che si ferma a Spalato, non ci sono invece progetti.
Dall’alto della terrazza del café Sagena, Mario ed Andrea guardano l’acqua del delta che pare immobile, attraversata di tanto in tanto da una lenta la?a. «Qui il turismo di massa non è ancora arrivato e l’area deve continuare a svilupparsi in questo modo», afferma Andrea. Mario è dello stesso avviso. «Nonostante sia separato dalla regione di Ragusa dal corridoio di Neum, l’area del delta ricade all’interno della Dubrova?ko-neretvanska županija», afferma Mario. Fino ad ora, questo ha significato pochi investimenti in chiave turistica, essendo la regione già molto occupata con la Perla dell’Adriatico, ma con l’arrivo del ponte, la županija sarà territorialmente riunita e le cose potrebbero cambiare.
Quale direzione si sceglierà di prendere? Ignorato dai grandi flussi turistici, il delta della Neretva ha visto finora germogliare le scuole di kitesurfing lungo il suo ultimo (e ventoso) tratto, ha assistito al curioso successo di Rogotin nel 2021, ma anche alla nascita delle agenzie di turismo all’aria aperta come quella di Mario ed Andrea. Anche Pavo Jerkovi? ha costruito negli anni un’offerta di escursioni nel delta – dei «safari», come li chiama lui – ovviamente a bordo della la?a. Solitamente, il percorso finisce alla Neretvanska ku?a, una konoba situata in riva al fiume e aperta nei mesi estivi. Ma un numero maggiore di viaggiatori nel delta implicherà forse un cambio di ritmo. A Plo?e, ad esempio, è già in cantiere una nuova marina .
Inoltre, oltre agli equilibri economici da definire, con la coabitazione tra l’attuale attività agricola e quella emergente del turismo, c’è una grande questione ambientale da risolvere. L’innalzarsi del livello dei mari a livello globale sta già avendo un impatto sul delta della Neretva. Sempre più spesso, i pescatori si imbattono in specie marine , come calamari e razze, a diversi chilometri di distanza dall’Adriatico e a volte persino oltre il confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina. E l’aumentare dell’indice di salinità nel delta sta minacciando anche l’attività agricola, mettendo a rischio un settore economicamente molto importante a livello regionale (ci lavorano direttamente o indirettamente 30mila persone).
Le comunità locali stanno già correndo ai ripari. Nell’ambito del progetto Interreg Italia-Croazia WATERCARE , ad esempio, sono state installati nel delta della Neretva dei sensori per monitorare la qualità dell’acqua e le sue componenti. Ma non tutto può essere risolto nel delta. L’aumentare della salinità, infatti, non è dovuto solo all’innalzarsi del livello del mare, ma anche al diminuire del volume di acqua dolce trasportata dal fiume. In questo senso, tutte le centrali idroelettriche costruite a monte, lungo la Neretva e i suoi affluenti, hanno un impatto sulla situazione nel delta. In particolare, c’è un progetto, attualmente in corso di costruzione, che secondo gli ambientalisti porterebbe il colpo di grazie al delta: Gornji Horizonti.
Parliamo di un cantiere che si trascina da decenni lungo il fiume carsico della Trebišnjica in Bosnia Erzegovina, e che è recentemente tornato d’attualità. Sulla Trebišnjica, lunga 187 chilometri (è uno dei fiumi sotterranei più lunghi al mondo), esistono attualmente quattro centrali idroelettriche: HE Trebinje I e II, HE ?apljina e HE Ragusa– che alimenta l’omonima città in Croazia. Il progetto, iniziato negli anni Sessanta, prevede però che si arrivi ad un totale di sette impianti. I lavori si trascinano da anni, ma nel 2021, il governo della Republika Srpska ha firmato un contratto con una ditta cinese per la costruzione di una delle tre centrali mancanti, la HE Dabar, rilanciando così l’opera.
Il governo croato sarebbe pronto a reagire per ostacolare il cantiere, ma è di parere diverso quanto alla costruzione di un’altra centrale idroelettrica – la cosiddetta HE Drubrovnik 2 – che, situata sempre in Erzegovina, sottrarrebbe comunque acqua al delta della Neretva. Il WWF lancia l’allarme da almeno dieci anni sull’impatto negativo di tali infrastrutture sulla rete idrica del delta e di Hutovo Blato, il parco naturale situato a pochi chilometri da ?apljina in Bosnia Erzegovina e che rappresenta uno degli ultimi grandi acquitrini del Mediterraneo. Ancora una volta, da un lato c’è l’imperativo della transizione energetica e dei consumi di grandi centri come Ragusa, dall’altro un delicato equilibrio ambientale da preservare.
Fermiamo l’auto a lato di una strada locale nei dintorni di Opuzen. È la stagione dei mandarini e ad ogni curva uno stand propone i frutti appena raccolti. L’occasione per fare scorta e per guardare il fiume un’ultima volta. Dal suo tratto superiore fino al delta, la Neretva ci ha portato attraverso paesaggi diversi e varie realtà politiche, ma la costante che lo ha seguito è rimasta quella del rapporto tra l’uomo e il fiume, e dei limiti allo sfruttamento del secondo da parte del primo. Amata, cantata, sfruttata e martoriata, la Neretva scorre ormai a pochi metri dal mare. Quest’estate, dicono , sarà tra le più calde e asciutte registrate finora nei Balcani. Chissà come starà il nostro fiume. La battaglia per proteggerlo, in ogni caso, è già in corso.
Giovanni Vale
Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa – 10/06/2022
(I fiumi sono oggi lo strumento migliore per raccontare i Balcani. Risorsa preziosa da salvaguardare, luogo di attenzione particolare da parte degli ambientalisti della regione, luogo di sconfinamento e avvicinamento. Ma anche cartina tornasole per stato di diritto e corruzione. Vai all’introduzione del reportage, alla puntata sulla Neretva superiore e alla puntata sulla Neretva centrale)