Alla fine di aprile le armate tedesche in Italia si sfasciarono, e le forze alleate e partigiane occuparono tutto il territorio.
In Venezia Giulia le forze iugoslave di Tito produssero un grande sforzo per occupare Fiume, l’Istria e Trieste prima degli anglostatunitensi, per rivendicarne poi il possesso con il diritto della forza, senza basi storiche né geografiche né etniche. Il 30 aprile i partigiani italiani avevano occupato i punti nevralgici di Trieste, ma furono disarmati dagli iugoslavi che giunsero il 1° maggio dando inizio ad un feroce regime d’occupazione che durò sino all’11 giugno.
Gli occupanti attuarono provvedimenti che parevano preludere ad un’annessione della città e della regione, ordinando anche il cambio ovunque dei simboli di sovranità.
Il servizio postale venne sospeso, e riprese il 9 maggio. Gli occupanti si interessarono degli aspetti politici del servizio, non di quelli tecnici: tra i primi provvedimenti presi vi fu quello del cambio dei simboli di sovranità anche sugli oggetti postali, cioè gli stemmi reali ed i fasci, che vennero sostituiti con la stella a sei punte iugoslava, apposta a mano con timbri (foto 1).
Tutte le carte-valori postali italiane allora in circolazione (che erano quelle già della RSI) vennero poste immediatamente fuori corso, ma non furono sostituite da altre, e venne stabilita l’esazione del porto per contanti all’ufficio postale. L’indicazione dell’avvenuto pagamento avvenne perciò con semplici indicazioni manoscritte, con l’importo e la firma dell’impiegato ricevente (foto 2, 3, 4).
Non era ammesso, come s’è visto, l’uso di nessun francobollo e perciò il loro sporadico uso è da ritenersi eccezionale (foto 5).
Il 22 maggio le autorità iugoslave decisero di sovrastampare i francobolli già della RSI con scritte che indicassero la loro occupazione: questi però comparvero proprio il 12 giugno, cioè il giorno del cambio fra le diverse forze d’occupazione, e se ne parlerà nel prossimo capitolo.
Il problema dei francobolli o comunque del pagamento per contanti non toccava i militari occupanti, perché questi godevano della franchigia postale (foto 6).
La loro occupazione non era limitata a Trieste, ma estesa a tutta la regione sino all’Isonzo; vigevano naturalmente le stesse regole postali (foto 7, 8).
Il 9 giugno a Belgrado il maresciallo alleato Alexander e Tito firmarono un accordo (poi ratificato il 20 giugno nel castello di Duino) che spartì la Venezia Giulia in due zone d’occupazione, una amministrata dal Governo militare alleato, l’altra dall’Armata iugoslava. In forza di questo accordo, che lasciava Trieste nella zona alleata, le truppe iugoslave si ritirarono dalla città il 12 giugno.