Presentato al Centro di Ricerche storiche di Rovigno il numero 26 della rivista Ricerche sociali edita dal Centro stesso.
Fondata nel 1989, questa rilevante rivista scientifica ha oramai dietro di sé più di tre decenni di storia, facendone di fatto uno strumento importante non solo per lo studio del passato della Comunità Nazionale Italiana e dell’Adriatico alto orientale, ma anche per un’analisi degli aspetti sociali e culturali del suo presente. Profilatosi negli anni come un periodico nelle cui pagine hanno trovato spazio ricerche che spesso trascendono la cornice strettamente storiografica alla quale il Centro di ricerche storiche di Rovigno è prevalentemente legato, le Ricerche sociali hanno in questo modo offerto ai propri lettori dei lavori che spaziano, per esempio, dalla sociologia alla filosofia, dalla linguistica all’etnologia, dalla folcloristica agli studi culturali, ampliando di conseguenza l’orizzonte scientifico del quale si occupa il CRS.
“L’avere di fronte a noi un nuovo volume mi rende personalmente molto felice”, ha detto il redattore e direttore delle Ricerche sociali Diego Han “perché certo che anche in questo caso gli autori sono riusciti con i loro interventi nell’intento di accrescere le nostre conoscenze e farci riflettere su diversi aspetti della nostra storia e attualità”.
Han ha precisato che “le Ricerche sociali n. 26 raccolgono sette lavori di otto autori per un totale di 184 pagine divise in due sezioni, cioè in quella dedicata ai saggi, la quale comprende cinque contributi scientifici, e quella degli interventi, contenente invece due resoconti di partecipazioni a convegni. Apre la prima sezione il saggio dal titolo “Il Comprehensive Model of Language Vitality” del nostro collaboratore capodistriano Aleksandro Burra, il quale attraverso un minuzioso studio linguistico traccia i più importanti approcci teorici concernenti il fenomeno delle lingue a contatto, soffermandosi soprattutto sulla questione della loro vitalità. Questi approcci sono poi integrati e confrontati nel testo con la proposizione di un nuovo modello linguistico, chiamato per l’appunto il Comprehensive model of language vitality”.
Del saggio di Fulvio Šuran titolato “L’Utopia quale società a misura d’uomo. Il significato sociologico dell’utopia rinascimentale: La città felice di Francesco Patrizi tra conservatorismo e modernità”, Han a spiegato che l’autore ricorrendo a una metodologia sociologica, “cerca di dimostrare brevemente che le utopie rinascimentali avevano in comune la fiducia nel potere della ragione e delle virtù morali intese come “ponte” tra l’idea di democrazia classica e democrazia moderna. Passando in rassegna le opere di Thomas More, Francesco Patrizi, Ludovico Agostini, Tommaso Campanella e Lodovico Zuccolo, l’autore analizza le loro caratteristiche umanistico-universaliste implementate da due differenti visioni del mondo, cioè una innovatrice e un’altra post-tridentina orientata verso un ritorno a dei valori più tradizionali. Comparando gli aspetti moderni di queste opere con le loro mancanze, legate soprattutto all’idealizzazione di un modello economico non realistico e statico della società, nel saggio si cerca di capire i motivi che portarono alla concezione di questi ideali esaminandoli da un punto di visto ucronico ed escapista”.
Il terzo saggio è opera del ricercatore del Centro di ricerche storiche di Rovigno, Matija Drandi?, il quale nel contributo “Il patrimonio culturale immateriale come elemento costitutivo dell’identità” analizza il rapporto tra il concetto d’identità e il sistema del patrimonio culturale immateriale sull’esempio della comunità di Gallesano. Basandosi su esempi concreti e specifici tratti dal bagaglio culturale immateriale di Gallesano, il contributo cerca di individuare gli elementi del patrimonio culturale immateriale che sono intesi quale parte integrante dell’identità e che possono influire sulla costruzione dell’identità personale e sociale. Attraverso il suo studio, l’autore vuole inoltre dare un contributo alla presentazione e preservazione del bagaglio culturale immateriale di Gallesano.
Chiamarsi Comunità Nazionale Italiana
Il seguente saggio è opera di un’altra ricercatrice del Centro di ricerche storiche, cioè di Paola Delton, la quale nel contributo “Chiamarsi Comunità Nazionale Italiana” raccoglie in maniera ragionata le denominazioni più rilevanti della Comunità Nazionale Italiana (CNI), comprendente per l’appunto gli italiani di Croazia e Slovenia che in seguito ai cambiamenti politici e territoriali avvenuti al termine della Seconda guerra mondiale hanno continuato a risiedere nella propria regione d’insediamento storico, in particolare in Istria, Fiume e Dalmazia. In altre parole, il saggio racchiude un dizionario dei nomi che la minoranza italiana in Croazia e Slovenia ha dato a sé stessa, compresi i nomi che gli altri hanno usato per denominarla. L’autrice arricchisce ogni voce con degli esempi che testimoniano l’uso del nome in un determinato contesto, mentre le fonti analizzate sono tratte soprattutto da pubblicazioni nate nel mondo della CNI.
Chiude la sezione dei saggi il contributo di Edita e Igor Dobra?a dal titolo “Analisi bibliometrica della rivista Ricerche sociali”, nel quale gli autori forniscono una breve analisi bibliometrica degli indicatori quantitativi della rivista Ricerche sociali. Il campione analizzato comprende tutti i numeri pubblicati e si conclude con linee guida specifiche che dovrebbero consentire alla rivista una maggiore visibilità e attrattività.
La sezione degli interventi, composta come già accennato da due articoli, si apre con Ezio Giuricin che nel contributo “Spostamenti di popolazioni e cambi di sovranità in Istria e a Fiume: la parentesi dello Stato libero” propone un resoconto della presentazione tenuta dall’autore al convegno “L’Istria tra la fine della denominazione asburgica e il Regno d’Italia”, organizzato dall’Associazione delle Comunità Istriane nella sede dell’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata il 14 dicembre 2018 a Trieste. Concentrandosi sul concetto di semplificazione nazionale, Giuricin discute soprattutto gli effetti che la Prima guerra mondiale e la dissoluzione dei grandi imperi centrali ebbero sulla popolazione europea, soffermandosi in seguito sulla situazione in Istria e a Fiume.
Chiude il ventiseiesimo numero delle Ricerche sociali Giuseppe De Vergottini con l’intervento “Il Trattato di Osimo: chi ricorda la rinuncia a una parte del territorio nazionale?”, relazione presentata dall’autore al convegno “Prima e dopo il Trattato di Osimo: riflessioni”, organizzato dall’associazione Coordinamento Adriatico il 6 aprile 2019 a Osimo. In esso, De Vergottini riflette sui processi e le condizioni politiche che portarono alla firma del Trattato, valutandone in seguito le conseguenze e il significato che questo documento ebbe sia per la popolazione rimasta sia per gli esuli.
“Come si evince da questa breve carrellata”, ha concluso Han, “anche il numero 26 delle Ricerche sociali offre ai futuri lettori tutta una serie di articoli d’importante spessore scientifico, ma anche molti spunti sui quali basarsi per future ricerche, oppure dai quali partire per approfondire la propria conoscenza sulla storia e la cultura del nostro territorio.
Oggi è stato presentato anche il numero 82 del Bollettino del Centro di ricerche storiche “La ricerca”. Ne ha parlato il suo redattore e bibliotecario del CRS Nicolò Sponza, soffermandosi sui contributi salienti.
Lettera al compagno Branko, di Diego Han. La lettera è stata rinvenuta presso l’Archivio di Stato di Pisino e offre la possibilità di accedere ad uno sguardo diretto, personale circa le operazioni militari portate avanti della Brigata d’assalto “Vladimir Gortan” sul territorio istriano durante il mese di giugno del 1944.
La lettera, quattro fogli di piccole dimensioni scritti a mano, si rivolge al “compagno Branko” (pseudonimo) a firmarla è invece Romaz, probabilmente un altro pseudonimo, e porta la data del 20 giugno 1944.
La situazione scolastica in Istria durante il primo dopoguerra è il titolo del contributo di Daniela Biši? Martin?i?. Nel primo dopoguerra si cercò soprattutto di risolvere il problema dell’edilizia scolastica che rappresentava una delle numerose spine nel fianco del sistema scolastico della regione tanto che venne redatto un piano per incentivarla, soprattutto nelle zone rurali, afflitte dall’alto tasso di analfabetismo.
Franco Stener è l’autore di La primigenia chiesa di S. Rocco a Muggia: nuove acquisizioni per una corretta datazione. Due sono gli elementi che suggeriscono una nuova datazione della chiesa di S. Rocco, anteriore al 1630- 1631. Il primo è una tela raffigurante S. Rocco, oggi come oggi da ritenere l’unica testimonianza della chiesa primigenia. Un’opera degli inizi del sec. XVII, attribuibile alla bottega capodistriana di Zorzi Ventura, detto Braicovich e conservata nell’ufficio parrocchiale. Il secondo e fondamentale elemento le cronache della visita apostolica nell’Istria veneta di Agostino Valier che visitò Muggia il 14 e 15 febbraio del 1580.
Nel corso dell’anno che si è appena concluso il Centro di ricerche storiche di Rovigno ha pubblicato il 47° volume della Collana degli Atti. Si tratta della corposa monografia Il complesso francescano di Pola. Genesi e sviluppo architettonico dal XIII al XX secolo di Attilio Krizmani? con una breve recensione proposta da Paola Delton.
Pubblicati pure il numero LI degli Atti curato da Rino Cugui e il numero XXXIII dei Quaderni che ha avuto per redattrice Orietta Moscarda.
Fonte: Istra24 – 10/01/2023
Ricerche sociali può essere liberamente consultata oppure scaricata in formato Pdf sul sito del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno:
http://crsrv.org/wp/wp-content/uploads/2023/01/Ricerche-sociali-26.pdf