1 L’Istria e la Dalmazia nei Segmenta IV – V – VI della “Tabula Peutingeriana”
L’immagine dell’Istria e della Dalmazia come appare nei Segmenta IV, V, e VI della Tabula Peutingeriana.
Questo importante documento cartografico fu scoperto alla fine del secolo XV dall’umanista viennese Konrad Celtes in una biblioteca di Worms e da lui venne rimesso, nel 1507, nelle mani di Konrad Peutinger, un antiquario di Augsburg, dal quale deriva il suo nome. La carta è attualmente conservata presso la Biblioteca Nazionale di Vienna (Codex Vindobonensis 324). Dipinta su pergamena, era divisa in 12 segmenti, il primo dei quali, comprendente la penisola iberica, mancava già all’epoca della redazione dell’apografo da noi posseduto. Questi segmenti furono poi uniti e, fino al 1863, gli undici fogli formarono un rotolo lungo quasi sette metri (per l’esattezza m 6.745) e alto appena 34 centimetri. Dopo tale data, per evitare ulteriori danni, i singoli segmenti sono stati separati. Quanto alla sua datazione, la critica più recente è concorde nel ritenere che si tratti di una copia medioevale, dei secoli XII – XIII, di una carta originale dell’età romana imperiale, ma l’incertezza su una datazione precisa, sia per l’originale sia per la copia, permane tuttora (Degrassi, 1939, pp. 65-68; Marussi, 1946, p. 7).
Com’è ben noto, la Tabula si propone, attraverso gli itineraria, come scopo principale quello di descrivere il cursus publicus dei Romani strettamente collegato all’efficienza e all’organizzazione dell’intero sistema stradale che era considerato parte integrante della concezione organizzativa dello Stato. Realizzate, dunque, per scopi puramente pratici, tali raffigurazioni delle percorrenze contenevano una grande quantità di informazioni utili a chi viaggiava: numerose sono le strade tracciate, così come le indicazioni di luogo riportate, i disegni relativi alla morfologia del territorio e alla popolazione, nonché le rappresentazioni allegoriche proposte. A causa del formato, il disegno cartografico appare “stirato” da occidente a oriente rappresentando l’intero mondo conosciuto dagli antichi con i tre continenti Europa, Asia e Africa circondati dal grande Oceano e separati tra loro dagli usuali confini idrografici rappresentati dal Mediterraneo, dal Tanai e dal Nilo.
Particolare rilevanza è riservata al sistema viario dove le strade sono tracciate in rosso, con dei segmenti uniti tra loro da brevi angoli o gomiti, vicino ai quali compaiono i nomi delle località toccate: ogni segmento indica, perciò, una frazione dell’intero percorso. Le distanze sono indicate all’interno del territorio dell’Impero in miglia romane ad eccezione delle Gallie dove, a partire da Settimio Severo, si adottarono le leghe pari ad un miglio e mezzo e dei territori persiani, dove furono impiegate le parasanghe, corrispondenti a 4 miglia. L’itinerarium è disegnato con colori intensi come il giallo per la terra, il verde e il blu per l’idrografia, il rosso per strade e i rilievi. La nomenclatura è in latino e i toponimi delle città, delle isole e le distanze sono segnate in nero mentre i coronimi sono scritti in rosso come ISTERIA per l’Istria,
LIBVRNIA e DALMATIAper la Dalmazia (Bosio, 1973, pp. 37-76; 1974, pp. 17-96).
La carta ha conosciuto numerose edizioni, delle quali una prima lista completa ci viene fornita da Konrad Miller, a cominciare dalla editio princeps pubblicata ad Anversa nel 1598, fino a quella fotografica di Vienna del 1888. All’interno della tabula il Mare Adriatico, identificato dal toponimo Hadriaticum Pelagus ed inframmezzato da alcune isole di forma lenticolare, figura come una sottile striscia di colore verde avente notevoli proporzioni poiché si estende fino a Creta. I territori che si affacciano alla sponda orientale identificano come punto d’incontro e di snodo la città murata di Aquileia (Aqvuileia), sito dal quale si diparte la via per Concordia, percorso che serviva da collegamento con il resto della penisola italiana e le grandi strade per il Norico, la Pannonia, l’Istria e la Dalmazia.
Lungo tali percorsi vengono riportate con dovizia di particolari le principali stationes, le distanze in miglia, le diverse mansiones ossia tutte le informazioni utili e necessarie a chi viaggiava. La stessa considerazione non può essere avanzata per i contenuti prettamente geografici dato che il movimentato e complesso profilo costiero che caratterizza il litorale veneto e dalmata è rappresentato con una generica e monotona linea ondulata che ignora totalmente la complessa articolazione di lagune, cordoni, insenature e scogli presenti in quest’area territoriale. È d’obbligo segnalare tuttavia la cura riservata alla penisola istriana che si distingue nettamente per forma, fatto per altro non scontato nemmeno in alcuni documenti del XVI secolo, e per alcune particolarità orografiche e idrografiche come ad esempio la catena dei Vena schematicamente raffigurata con basse gibbosità di color marrone nella quale trova le sue sorgenti il fiume Arsa (fl. Arsia). L’andamento della linea di costa viene tracciata con dei piccoli semicerchi, insufficienti a rappresentare geograficamente la morfologia particolarmente frastagliata del territorio: mancano, ad esempio, il Golfo del Quarnero a nord e le Bocche di Cattaro o il Golfo del Drin a meridione.
Anche del ricco arcipelago che fronteggia le aree territoriali dalmate la tabula cartografa solo poche realtà insulari che risultano per la maggior parte corredate da toponimo, ma non sempre corrette per dimensioni e collocazione geografica. Le possibili spiegazioni potrebbero essere sia la notevole antichità della carta matrice cui si rifanno l’ispirazione o le rielaborazioni successive, sia lo scarso interesse che i Romani avevano per i percorsi marittimi lontano dalla costa che influivano, dunque, sulla conoscenza dell’apparato insulare dalmato. L’orografia è segnalata in pochi elementi principali di riferimento, la cui identificazione fa riferimento ad eventuali toponimi di abitati vicini e non a specifici oronimi, come nel caso del toponimo Inalpe iulia relativo a un insediamento, ma che indica indirettamente le Alpi Giulie. L’idrografia completamente assente in Istria, si concentra tra Salona e Narona per la Dalmazia, mentre verso l’interno è segnalato con certezza l’idronimo del Danubio. Considerata, però, la funzione del documento, non deve stupire il contrasto tra la rappresentazione geografica del tutto inadeguata e l’abbondanza, invece, di toponimi relativi a insediamenti e stazioni di posta. I centri abitati più importanti sono segnalati con vignette di città murate, per i centri minori si usa il disegno di due torri con le porte (Lago, Rossit, 1981, p. 9-12; Bosio, 1985, pp. 43-57).
Anche per il versante occidentale del Pelagus Adriaticus le informazioni più copiose sono quelle relative agli itinerari. Particolare rilevanza viene data a Ravenna, raffigurata come città fortificata munita di torri, al centro della via Popilia, strada consolare litoranea che attraversando altino ed Adria (Atria) collegava Rimini ad Aquileia. [O.S.]