La carta è un’incisione in rame, conservata presso la Biblioteca Civica di Trieste e misura centimetri 14,3 x 17. A destra, in basso, in un ornato cartiglio di forma ovale, sono riportati il titolo e il nome dell’incisore: “ISTRIA Giacomo fra[n]cho”. Appare priva di graduazione ai margini e di scala e l’orientazione è con l’ovest in alto. Si trova inserita all’inizio del capitolo DESCRITTIONE DELL’ISTRIA, che comincia a pag. 201 del volume: “L’ISOLE PIV FAMOSE DEL MONDO DESCRITTE DA THOMASO PORCACCHI DA CASTIGLIONE ARRETINO E INTAGLIATE DA GIROLAMO PORRO PADOVANO Con l’aggiunta di molte Isole All’Ill’[ustr]re S[ignor] Conte Georgio Trivltio Dottore, Cavaliere, Conte di Melzo, Regio, e Ducal Senatore Con Noua Aggiunta Con Privilegio […] in Venetia, Appresso gli Heredi di Simon Galignani, MDCIIIII”. Di quest’opera si possono annoverare più edizioni, di cui almeno due risultano anteriori a questa conservata presso la Biblioteca Civica di Trieste, e sono collocabili rispettivamente nel 1572 e nel 1590.
Il documento, sfuggito all’attenzione sia del Marinelli che dell’Almagià e di cui anche il Marussi (1946, p. 15) lascia unicamente pochi cenni, appare, un’ulteriore e tarda derivazione della carta del Coppo, inserita nel Del sito de Listria, del 1540. La derivazione, però, non è stata diretta, poiché rivela evidenti rapporti con le carte stampate dal Camocio nel 1569 e da Simone Pinargenti o Pinarienti, che si può far risalire con buona probabilità al 1573. Pur ispirandosi allo stesso modello sembra piuttosto manifesto come con il passare degli anni tali prodotti si caratterizzassero per una rappresentazione peggiorativa rispetto alla carta matrice (Cucagna, 1964, pp. 72-73).
Le divergenze possono essere riassunte nella diversità della scala e dell’inquadratura, nonché in alcune significative novità. Qui, infatti, il disegno delle coste adriatiche viene fatto cominciare alla foce del Risan f. (Risano o Rižana), e nel Quarnero la raffigurazione della costa liburnica presenta poi maggiori imprecisioni nell’allineamento. Inoltre sono stati omessi numerosi toponimi, causa il rimpicciolimento dell’immagine tanto che non solo non è riportato il toponimo di Fiume, di cui viene rappresentato esclusivamente il prospettino, ma ad est della città la costa si caratterizza per un’inesattezza ben più marcata rispetto al disegno del Camocio, presentando un orientamento verso est anziché verso sud-est, non segnalando oltretutto alcun insediamento ma solo qualche alberello stilizzato. Le isole del Golfo Quarner, Cherso e Veglia poi, non vengono rappresentate per far posto allo scenografico cartiglio e alla notevole imbarcazione a vela che occupano lo spazio marino.
Molte particolarità appaiono per il resto, invece, molto simili: all’interno si trovano gli stessi inesistenti stagni e laghi, come quello, assai ampio, nei pressi di Terno; si ripetono nella medesima collocazione le denominazioni regionali e le figurazioni degli orti o giardini e delle saline; l’orografia raffigura monti a piccoli coni, ombreggiati a occidente che sono tutti della medesima altezza tranne che per il disegno del Monte Maggiore ben più alto e posizionato troppo a nord-ovest vicino a Pingueto (Pinguente) e per i rilievi che ospitano i centri apicali di Motona (Montona) e Pedena anch’essi facilmente distinguibili; i Monti dela uena sono collocati troppo a oriente al di sopra del Tarsia f..
Quasi dovunque si scoprono sedi umane e toponimi comuni e si ripetono alcuni caratteristici errori, come, per esempio, il doppio tracciato del Rjé?ina o Eneo, la posizione reciproca, a sud di Humago (Umago), delle sedi di S. Zuane ?la Corneda, S. Pelegrin, Daila, S. Lorenzo, o il doppione relativo al Castello di Pietrapelosa, riportato per la prima volta a nord di Capodistria con il toponimo Petra pilosa e, la seconda, non lontano dal Quieto, in posizione più corretta, con la forma storpiata di Piera paiosa. Presso l’Arsa F. compare la scritta fine d’Italia che richiama alla mente la legenda Qui fenise l’Italia della carta stampata a Venezia da Stefano Scolari e di quella di egual tenore del documento relativo all’Istria e alla Dalmazia settentrionale dell’Atlantino anonimo e senza data del Seminario Vescovile di Padova. La nomenclatura è in italiano prevalentemente in corsivo con eleganti svolazzi e gli abitati maggiori sono raffigurati con prospettini, sormontati dal pastorale se sedi episcopali, mentre quelle più piccole da due torri celle unite da un corpo centrale più basso (Lago, Rossit, 1981, Tav. XLI, pp. 86-87). [C.R.]